Yumac Ortiz: un’artista per la pace e la Madre Terra

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Yumac Ortiz è un’artista ecuadoriana, antropologa culturale, attivista per i diritti umani e per l’ambiente. I suoi meravigliosi e variopinti quadri sono un potente messaggio di armonia, pace e speranza, necessari soprattutto in questi tempi bui. 

Yumac attualmente è Direttrice di Procultur, ente di promozione culturale con base a Quito, Ecuador, nonché Presidente del “Coordinamento per la Pace, Sovranità, Integrazione e Non Interferenza” CPAZ. Inoltre, conduce il programma “Trazos de Nuestra Identidad” dalla Radio della Casa della Cultura Ecuadoriana.

Puoi raccontarci un po’ della tua storia?

Fin da piccola sono stata circondata da dipinti, arte e archeologia, ho avuto il privilegio di incontrare diversi artisti che furono amici di mio padre Lenin Ortiz. Mio padre era archeologo sociale, storico, maestro, uomo di sinistra e rivoluzionario. Con lui ho girato il paese accompagnandolo nelle sue ricerche archeologiche. Mia madre Blanca Villagómez mi ha insegnato a vedere ma soprattutto “sentire la bellezza”, anche quella che non si vede, e l’importanza di trasmetterla e comunicarla. Iniziai a studiare arti plastiche all’Università, ma ho lasciato poco dopo, scegliendo di studiare antropologia culturale.

Perché hai deciso di dipingere?

Sono autodidatta nella pittura. Nella mia arte c’è anche il mio essere antropologa. Ho iniziato a dipingere quando ho sentito la necessità di cogliere il legame tra l’essere umano e la natura, la parte femminile che simboleggia la madre terra, la Pachamama delle culture indigene e preispaniche. La terra di cui ci nutriamo e che ci dà il suo seme e il suo frutto. Una madre terra che oltre a donarci nutrimento, ci dona bellezza, colori, odori, sapori, consistenze – in pratica la vita stessa. Ho cercato di trasmettere il messaggio che siamo parte di un tutto. Un invito ad andare di pari passo con madre natura.

Che tecnica usi?

Il mio lavoro è con tecnica mista, dipingo su tela con acrilico, recuperando i vecchi processi pittorici della Scuola di Quito. Non sono una fumettista, né faccio schizzi preliminari, semplicemente mi siedo davanti alla tela e do pennellate di colore, pensando sempre all’essere umano, in particolare alle donne. Ho tratto ispirazione anche dall’arte popolare, dall’artigianato, da quei ricami multicolori che modellano l’ambiente circostante, arazzi e tessuti con tecniche preispaniche che riflettono simboli e figure. Nella collana intitolata “Donna, frutto e seme” ho rappresentato figure femminili come divinità, con fiori di ogni tipo: ortensie, margherite, rose, orchidee. I Kuna anticamente chiamavano “Abya Yala” il territorio compreso dall’intero continente americano, che significava per questo popolo originario “terra matura”, “terra viva” o “terra fiorente”.

Un messaggio sociale e ambientale insieme…

Quando dipingo penso alle donne che stanno combattendo, resistendo e tessendo un mondo migliore, che stanno lottando per la sopravvivenza della specie umana, per la libertà e l’autodeterminazione dei loro popoli, contro il fascismo e il patriarcato. Donne che fin dall’antichità hanno trasmesso conoscenze e saggezza e ancora portano con coraggio il messaggio della liberazione. Mi auguro che vedendo le mie opere le persone provino una sensazione di benessere, gioia, amore e speranza, per reagire e resistere di fronte a tanta disuguaglianza e disumanità generata da sistemi che minacciano la pace e la vita degli esseri e dei popoli