“Un altro Appennino è possibile”: presidio per salvare il Corno alle Scale

| scritto da |

Domenica 26 settembre ha avuto luogo una camminata di protesta nell’Appennino Bolognese, dal Rifugio Cavone al Lago Scaffaiolo, per ribadire la posizione di netta contrarietà della società civile alla nuova seggiovia che dovrebbe impattare su questi meravigliosi luoghi. Almeno 150 i partecipanti, tra cui famiglie con bambini. Una marcia di protesta in un’atmosfera resa ancora più toccante dalla nebbia e dal suono delle cornamuse, attraverso le rosse praterie di mirtilli. Pioggia, vento e grandine non hanno fermato la marcia.

Il comitato “Un altro Appennino è possibile” è composto dal Cai Emilia-Romagna, Legambiente, WWF, Mountain Wilderness, Italia Nostra, Federtrek, AsOER, TrekkingItalia, Amici dei Parchi di Monteveglio e dell’Emilia, Comitato Bazzanese Ambiente e Salute e 6000 Sardine.

Massimo Bizzarri, presidente del gruppo regionale Emilia Romagna Cai spiega le ragioni della protesta:

Siamo in zona Rete natura 2000, al confine tra il Parco Regionale Corno alle Scale e il Parco Alto Appennino Modenese. Nell’areale non si possono costruire nuovi impianti, ma si possono solo mettere a norma gli impianti esistenti. La Regione Emilia Romagna e il comune di Lizzano in Belvedere sostengono che si tratta di una modifica o di un’estensione dell’impianto già esistente. Eppure la seggiovia attuale è perfettamente a norma fino al 2038, non ha bisogno di essere ammodernata e pertanto potrà essere utilizzata ancora per tanto tempo a favore degli sciatori. E’ chiaro che sarà un nuovo impianto, non si utilzzeranno neppure i piloni esistenti, ma si costruiranno nuovi enormi piloni. Verrà tagliata una discreta porzione di faggeta, si sposterà più a monte l’inizio della seggiovia e dovrà essere studiato un sistema di accesso.  Senza parlare dei danni creati all’ambiente dai lavori di scavo, dalla movimentazione di terra e dalla cementificazione.

Ma allora perché questo progetto?

Sono in ballo 5,8 milioni da accordo Stato-Regioni per questo nuovo impianto. Soldi che però potrebbero essere utilizzati nel rilancio del territorio rispettando l’ambiente. Bisognerebbe puntare ad un turismo più sostenibile, come l’escursionismo, che è possibile in tutte le stagioni l’anno. Pensiamo agli oltre 200 impianti sciistici al di sotto dei 2000 metri che tra le alpi e gli appennini sono completamente abbandonati e lasciati a deturpare ed inquinare l’ambiente, non è forse necessario ridurre gli sprechi, utilizzare le risorse con oculatezza e nel rispetto della natura, di cui facciamo parte e non ne siamo i padroni?

A livello legale siete riusciti, almeno temporaneamente a fermare il progetto?

Per ora sì, nel senso che siamo riusciti ad ottenere un riconoscimento per la nostra impostazione al problema. Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondate le argomentazioni del comitato “Un altro Appennino è possibile”. La Regione Emilia-Romagna con un provvedimento aveva infatti ritenuto non necessaria la sottoposizione a Valutazione di Impatto Ambientale del progetto. A marzo scorso il comitato aveva lanciato la campagna di crowdfunding “Questa è la VIA!”, per sostenere le spese necessarie alla presentazione di un ricorso al TAR con relativa  domanda di sospensiva del provvedimento. A questo punto il Consiglio di Stato  (a cui ci siamo rivolti proprio perché non era stata concessa la sospensiva) ci ha dato ragione, ha accolto la nostra domanda e ha disposto che il TAR si debba occupare urgentemente dell’approfondimento   dei motivi dell’impugnazione svolta.

Restiamo così in fiduciosa attesa di conoscere gli sviluppi di questa indicazione del Consiglio di Stato.