Il 30 agosto 2024, con il recepimento della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) in Italia si apre una nuova fase di rendicontazione per migliaia di imprese.
L’Italia si allinea così agli altri undici Paesi che hanno già recepito la direttiva, come la Germania e la Francia, che avevano già completato il processo prima della scadenza del 6 luglio 2024.
Ne avevamo già parlato su Envi.info e ormai è chiaro che la CSRD rappresenta un cambiamento cruciale per il mondo imprenditoriale italiano ed europeo, con implicazioni dirette e indirette su migliaia di aziende.
Infatti, questo aggiornamento comporterà l’obbligo di rendere trasparenti e confrontabili le azioni delle aziende e della loro filiera in ambito ambientale, sociale e di governance (ESG), per sempre più aziende europee, rafforzando il monitoraggio e il controllo sui dati di sostenibilità.
Implicazioni economiche e sfide per le imprese
L’adozione della CSRD richiederà un significativo investimento da parte delle aziende. Secondo uno studio della Federation of European Accountants, i costi di adeguamento per le grandi imprese potrebbero variare dai 150.000 ai 500.000 euro l’anno, a seconda della complessità delle loro operazioni. Le PMI, invece, potrebbero dover affrontare costi più contenuti, ma comunque rilevanti, considerando l’obbligo di conformarsi entro il 2026.
A livello europeo, si stima che circa 50.000 aziende dovranno adeguarsi alla normativa, e molte altre saranno coinvolte indirettamente attraverso le catene di fornitura. Il Global Reporting Initiative (GRI) ha rilevato che oltre il 60% delle aziende che hanno già avviato pratiche di sostenibilità riportano un miglioramento nella gestione dei rischi e nell’efficienza operativa.
Greenwashing: un rischio sempre più alto
Il fenomeno del greenwashing – la pratica di presentare in modo ingannevole iniziative aziendali come sostenibili – è al centro dell'attenzione delle autorità europee.
Con l’adozione della CSRD, le aziende saranno tenute a fornire informazioni accurate e verificabili attraverso una assurance esterna indipendente. Questo rafforzerà la credibilità dei report e renderà molto più difficile nascondere pratiche poco trasparenti.
Secondo un’analisi di KPMG, circa il 40% delle aziende globali ha ricevuto critiche per aver esagerato o falsificato i propri report di sostenibilità negli ultimi anni.
In Italia, questa pratica non è esente da rischi: le aziende che continuano a utilizzare strategie di greenwashing potrebbero subire sanzioni significative, danneggiando sia la loro reputazione che la fiducia degli investitori.
La nuova direttiva richiede che i dati presentati nei rapporti di sostenibilità siano soggetti a verifiche da parte di organismi indipendenti, riducendo drasticamente la possibilità di dichiarazioni non veritiere.
L'Italia, pur avendo recepito la normativa, dovrà fare i conti con questa sfida: riusciranno le imprese a passare dall'apparenza alla sostanza? Il rischio di pesanti sanzioni rende ancora più pressante la necessità di trasparenza reale.
Prossimi passi: opportunità e rischi
Il recepimento della CSRD in Italia rappresenta non solo una sfida, ma anche una grande opportunità per le imprese. La trasparenza nelle pratiche ESG sta diventando un criterio decisivo per gli investitori e i consumatori, che richiedono sempre più responsabilità.
Un recente studio di McKinsey ha evidenziato che le aziende che integrano correttamente la sostenibilità nei loro modelli di business possono ridurre i costi operativi fino al 9%, oltre a migliorare l’accesso ai capitali.
Le aziende italiane, però, dovranno affrontare con rapidità l’implementazione di questi nuovi standard per evitare di perdere terreno rispetto ai competitor europei, già avanti su questo fronte.
Il ritardo nel recepimento può diventare un’opportunità solo se accompagnato da un rapido adeguamento e da investimenti nelle competenze necessarie per rispondere ai nuovi requisiti di sostenibilità.