Underground, viaggio nell’Italia avvelenata

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Underground-Viaggio nell’Italia avvelenata è un progetto corale d’inchiesta fotogiornalistica portata avanti dagli allievi della Scuola di Fotogiornalismo dell’Istituto Superiore di Fotografia di Roma. In sostanza, si tratta di una raccolta online (ancora in corso) di reportage fotografici e multimediali nelle zone più contaminate d’Italia. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con A Sud e il CDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali. Ne parliamo con Dario Coletti, docente della Scuola di Fotogiornalismo e coordinatore del progetto, insieme a Manuela Fugenzi.

Dario, come e perché è iniziato questo progetto?

Il progetto nasce in parte dall’osservazione della condizione generale del nostro territorio e dalla pericolosità di alcuni sviluppi. Sviluppi sempre più evidenti, presentati anche dalla stampa, con il conseguente aumento della sensibilità dell’opinione pubblica. Da quando è nata la nostra scuola di fotogiornalismo (2003), ci siamo occupati di tematiche sociali come il mondo dei giovani, le condizioni degli anziani, la politica italiana, l’immigrazione. La progettazione e lo sviluppo di “Underground-Viaggio nell’Italia avvelenata”, a partire dal 2012, ha costituito una presa di responsabilità nei riguardi dello stato del nostro pianeta. Per portare alla luce e alla coscienza collettiva una drammatica quanto nascosta emergenza (da qui il titolo Underground), restituendone i dati allarmanti così come la vita quotidiana, i paesaggi, le testimonianze, gli esiti delle politiche di recupero. Vogliamo dare una risposta alla richiesta di un’informazione più puntuale e circostanziata sui pericoli di uno sviluppo senza controllo e regole.

Il fotogiornalismo quindi può aiutare le vertenze ambientali?

Assolutamente sì. La fotografia documentaria ha per sua natura la funzione di esaminare fatti e tendenze e proporli all’opinione pubblica: questa cosa è ancora più importante in situazioni sommerse, poco note, per creare una riflessione collettiva, promuovere movimenti in grado di sensibilizzare governi e cambiare i destini dei territori. Per questo sarebbe importante una collaborazione ancora più stretta tra attivisti e fotogiornalisti.

Come si sviluppa il progetto?

Abbiamo 10-12 studenti ogni anno, e finora siamo riusciti a coprire varie zone d’Italia, dal nord al sud. I ragazzi si fermano circa un mese, oltre a fare foto e video raccolgono informazioni, testimonianze di attivisti e residenti, dati, analizzano il paesaggio, studiano materiali scientifici. Spesso sono stati proprio i nostri studenti che ci hanno segnalato conflitti non ancora analizzati o nuove iniziative di difesa dell’habitat. Abbiamo avuto fotografi che sono tornati nello stesso posto a distanza di anni. I reportage sono tutti diversi, perché ogni reporter ci mette il suo sguardo, la sua sensibilità, il suo grado di maturazione. E la stessa situazione negli anni evolve. 

In quali territori siete stati?

Siamo riusciti a entrare nel cuore delle attività locali e dei cittadini impegnati nella salvaguardia del territorio. L’inchiesta ha privilegiato i SIN (Siti contaminate di Interesse Nazionale), siamo stati a Brescia, Porto Marghera, Trieste, Piombino, Orbetello, nelle Alpi Apuane, ad Amiata, a Rosignano Solvay, a Treviso, a Belluno, passando per il Lazio (Roma, Corcolle, Riano, Malagrotta, Colleferro, Civitavecchia, Bracciano, Valle del Sacco), l’Abruzzo (Bussi sul Tirino) e la Sardegna (Teulada, Quirra, Porto Torres, Portovesme, Sarroch) fino a Taranto, Brindisi, Bari, Crotone, Napoli, nella Val Basento, a Tito, nel Borgo Montello, a Bagnoli, Cerano, Conversano, nelle Isole Tremiti, a Niscemi, a San Foca, nella Terra dei fuochi, in Aspromonte.

In questo senso, il rapporto con l’associazione A Sud e con le reti del territorio è stato prezioso. Grazie a loro siamo riusciti a stabilire contatti locali che si sono rafforzati attraverso la frequentazione minuziosa del territorio da parte dei nostri fotogiornalisti.

La mappa delle osservazioni.

Avete realizzato anche mostre o eventi divulgativi? Il progetto si sta evolvendo?

Mostre ed eventi, sì. Sempre poche, se consideriamo l’impellenza dell’attuale stato del pianeta. Tra le varie iniziative, ce ne sono state diverse anche a livello internazionale, come l’esperienza all’interno di Cortona on the Move, al Festival internazionale di fotografia e al festival di Castelnuovo fotografia.

Diciamo che da qualche anno ci stiamo ponendo in una prospettiva diversa analizzando oltre al conflitto anche le buone pratiche, con lo scopo di suggerire ulteriori passi avanti verso il rispetto dell’ambiente e un rapporto armonico.

Immagine di copertina: A FUOCO LENTO Gli incendi in Sicilia e la perenne emergenza del giorno dopo. Catania (Sicilia), 2023 © Ruggero Romano Reina