La crisi ambientale nel 2024: il tema “green” può influenzare le prossime elezioni?

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La questione ambientale e la crisi climatica da diversi anni sono entrate a far parte delle campagne elettorali di tutto il mondo. Sono temi che sempre di più spostano voti e preferenze politiche dei singoli.

L’analisi di quanto l’argomento ambientale sposti le elezioni ci interessa in modo particolare in questo 2024, già denominato “anno delle elezioni”: il 51% della popolazione mondiale sarà chiamato alle urne. Si tratta di un dato storico e sia i cittadini europei sia quelli statunitensi saranno coinvolti — i primi per eleggere il Parlamento Europeo e i secondi per le presidenziali.

A Bruxelles, l’attuale Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha fatto della svolta ecologica uno dei pilastri della sua azione di governo, ma il tema è ancora oggi divisivo e questa estate il Partito popolare europeo (Ppe) si è schierato con i partiti di estrema destra per respingere la Legge sul ripristino della natura. Norma  non gradita al settore agricolo e della pesca, nonché ai tanti cittadini che vogliono prodotti a prezzi più bassi. Le proteste degli agricoltori in tutta Europa sono il sintomo più evidente di come queste norme generino uno scontento, che ha portato la stessa von der Leyen a fare dei notevoli passi indietro.

Gli statunitensi saranno chiamati a votare a novembre e il tema ambientale potrebbe risultare decisivo sia perché Washington è il maggiore produttore e consumatore di energia proveniente da combustibili fossili, secondo paese al mondo dopo la Cina per emissioni di gas serra, sia perché la politica americana negli ultimi anni si è a tal proposito estremamente polarizzata. Gli elettori “green” negli Stati Uniti sono in gran parte elettori del partito democratico. Secondo gli studi statistici americani, il 77% delle persone che considerano il cambiamento climatico una questione “piuttosto importante” o “molto importante” nel 2020 ha votato Joe Biden.

Nel 2022 il presidente democratico ha varato il piano d’intervento più grande mai realizzato. Parliamo dell’Inflaction Reduction Act (Ira) che prevede sovvenzioni e interventi per 380 miliardi di dollari nel giro di 10 anni. L’obiettivo è rendere maggiormente convenienti prodotti e tecnologie verdi così da sostituire tutto ciò che brucia gas e petrolio. L’ambiziosa promessa dell’attuale amministrazione è quella di dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030 e azzerarle entro il 2050.

Una politica “green” così ambiziosa non si era mai vista negli USA e ciò ha ovviamente incontrato l’apprezzamento dell’elettorato, sebbene il piano non preveda soluzioni per abbassare anche i folli consumi degli americani: milioni di macchine per strada, migliaia di voli interni ogni giorno e tonnellate di carne consumata ogni anno (circa cento kg a persona).

Nell’ultimo comunicato rilasciato alla stampa Biden ha preso le distanze dall’avversario politico affermando che i repubblicani “negano volontariamente l’urgenza della crisi climatica, condannando il popolo americano a un futuro pericoloso, la mia amministrazione non sarà compiacente”.

Le posizioni repubblicane sull’ambiente come su molti altri temi si sono radicalizzate e Donald Trump, che quasi sicuramente sarà il loro candidato per le prossime elezioni, non è da meno. Nel suo primo mandato da Presidente ha già dato prova delle sue idee — ricordiamo il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi, la concessione di sussidi per le centrali a carbone o l’autorizzazione delle esplorazioni petrolifere anche in aree protette come l’Artic National Wildlife Refuge in Alaska.

Un anno di elezioni e di comunicazione ambientale che si fa largo nelle campagne elettorali che porteranno, inevitabilmente, a prendere coscienza delle priorità di chi vota.