“Drink beer, save the world”: come la birra salva gli scarti del pane

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Ogni anno in Italia si producono più 72 quintali di pane, più di un quintale ad abitante. Un mondo antico, ricco di storia e di tradizione, che fa i conti con l’aumento dei prezzi delle materie prime. Secondo i dati più aggiornati, oggi in alcune località può arrivare a costare fino a 12 euro al chilo. Eppure, ogni giorno 13 mila quintali di pane vengono buttati: un vero spreco.

Intervistiamo allora una realtà innovativa, che prova a rendere sempre più circolare questo settore. Da scarto del pane a birra: questa è l’idea di Biova Project, una delle startup più note e rappresentative del mondo dell’economia circolare applicato allo scarto alimentare. Ne parliamo oggi con Emanuela Barbano, co-founder del progetto.

Raccontatemi di voi, di quello che fate: chi siete? Com’è l’idea di realizzare Biova Project? 

Biova è una startup di food innovation, seguendo i principi dell’economia circolare ci occupiamo di individuare gli scarti e capire come trasformarli per produrre un nuovo prodotto. Per realizzare la birra Biova, attiviamo partnership con diverse tipologie di panificatori: associazioni, catene di distribuzione, panificatori industriali, forni indipendenti, e organizziamo il recupero. Il pane viene portato nel nostro centro di trattamento dove viene selezionato e trattato per poi essere utilizzato come sostituto di parte del malto d’orzo (fino al 30%) nel processo di birrificazione in uno dei nostri birrifici partner. 

I nostri birrifici partner lavorano su ricette esclusive di Biova, create per amplificare l’utilizzo del pane in sostituzione del malto in modo da rendere il più efficace possibile la lotta allo spreco alimentare. Nelle produzioni fatte in co-branding, tutta la birra prodotta torna a chi ha donato il pane, nelle produzioni della linea “trasversale” invece, una parte delle birre torna sugli scaffali di chi ha donato il pane, un’altra parte va ai nostri distributori.

Biova Project nasce a Torino da un’idea di Franco Dipietro ed Emanuela Barbano. I founder hanno fatto volontariato presso un’associazione che si occupava di recuperare il cibo in eccesso da catering ed eventi per ridistribuirlo a chi ne ha bisogno. Da questa esperienza si sono accorti che il pane è l’alimento che si spreca con maggiore facilità in assoluto e spesso le associazioni lo rifiutavano perché ne avevano già troppo: neanche loro riuscivano a utilizzarlo tutto e spesso lo buttavano via. Solo in Italia ogni giorno si producono 1.300 tonnellate di surplus di pane.

© 2020 Biova Project S.r.l.

Cosa fate per comunicare il vostro carattere innovativo e di economia circolare della vostra azione? 

Cerchiamo di comunicare la nostra circolarità con video che documentano i nostri recuperi, pubblichiamo annualmente un report sul nostro impatto (quanti kg abbiamo recuperato, quanta CO2 abbiamo risparmiato etc…). Ogni birra prodotta inoltre ha in etichetta un QR code che fa scoprire di chi è il pane con cui è stata fatta la birra che stai bevendo. Facciamo anche attenzione ai materiali che utilizziamo per packaging e comunicazione: dove possibile, scegliamo sempre il supporto più sostenibile – ad esempio, le etichette delle nostre bottiglie sono in un materiale che a contatto con l’acqua si stacca facilmente permettendo così il riciclo del vetro. 

Quali iniziative avete portato avanti in questi anni per lanciare il loro prodotto?  

I founder partecipano spesso a eventi sulla sostenibilità in cui raccontano la loro esperienza, sono stati entrambi anche TedX speaker. Ci hanno invitato in più programmi tv come “È sempre mezzogiorno”, “I soliti ignoti”, “Avanzi il prossimo”, “B-heroes”, servizi al Tg e molto altro. L’anno scorso abbiamo fatto una campagna per il lancio di Biova Milano, personalizzando per un mese due tram che attraversavano tutta Milano e realizzando contenuti digital per social e YouTube.

© 2020 Biova Project S.r.l.

Quali strumenti avete utilizzato/prediligete maggiormente?

Racconti video, interviste e comunicazione sui social, ma anche raccontare in prima persona la nostra esperienza. Spesso veniamo contattati da scuole per parlare alle nuove generazioni del nostro progetto, ma anche da singoli studenti che ci scelgono come argomento di tesi. Dedichiamo sempre volentieri del tempo a queste attività, è importante sensibilizzare i ragazzi su temi come lo spreco alimentare e l’economia circolare.

Come l’economia circolare può innovare e relazionarsi con il settore agroalimentare?

L’economia circolare è un tema sempre più sentito, molte aziende stanno cercando di essere sempre più sostenibili  e l’attenzione verso questi tipi di progetti è aumentata, ma le realtà che mettono in pratica questi principi non sono ancora abbastanza. Siamo fiduciosi però che il settore agroalimentare diventerà col tempo sempre più circolare, perché è l’unica produzione sostenibile attualmente. L’importante è che sia un vero impegno a favore della sostenibilità e non greenwashing. La produzione alimentare contribuisce tra l’altro a un terzo delle emissioni mondiali di CO2, realizzare prodotti upcycling migliorerebbe notevolmente il nostro impatto ambientale: emetteremmo meno CO2 e consumeremmo meno risorse vergini. Per questo uno dei nostri motti è “drink beer, save the world”!