Scenari catastrofici: cosa ci insegna l’esperienza di una crisi?

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Il Climathon – Experience Climate Crisis ci presenta risultati d’impatto.

1.454 eventi estremi in 764 comuni italiani, dal 2010 ad oggi. Come dire: non succede, ma se succede. Cosa può accadere durante un evento devastante causato dall’accelerazione dei cambiamenti climatici? Cosa farei io, cosa faresti tu?

Il 18 ottobre, organizzata da Legambiente in collaborazione con Alibi Design, si è svolta un’esperienza immersiva online, della durata di 5 ore, dedicata a 100 rappresentanti di imprese, che fa i conti con questi quesiti: il Climathon – Experience Climate Crisis.

Nel quadro del progetto europeo Life ClimAction, l’evento ha permesso un’acuta sensibilizzazione attorno agli obiettivi dell’Agenda 2030, rivolgendosi ad un target dal grande potere di azione. I partecipanti si sono dunque registrati con un’affiliazione aziendale, decidendo di calarsi nei panni di reporter chiamati a testimoniare percezioni e soluzioni di fronte ad un evento catastrofico simulato, causato dall’emergenza climatica.

Experience Climate Crisis è ambientato in un futuro prossimo, in cui le risorse mondiali di acqua potabile sono in scarsità. Attraverso la creazione di un alter ego, ogni partecipante si è immerso in questo scenario, ricevendo spunti narrativi da una webradio che raccontava l’evolversi della crisi idrica. Dopo ogni notiziario, è stato richiesto a tutte e tutti di contribuire in modo attivo al servizio di informazione, inviando testimonianze di ciò che stavano vivendo e interagendo tra di loro per condividere sentimenti, speranze e azioni.

Che cos’è emerso? Ne abbiamo parlato con Mimma Pecora, senior account della Direzione nazionale di Legambiente: «chi ha partecipato è stato catapultano in una realtà distopica, in un futuro che non auguriamo a nessuno».

Un’esperienza che ha portato ad un livello di immersione molto forte. Partendo dall’annuncio di avere a disposizione solo 7 litri di acqua, i partecipanti sono stati stimolati a mettersi in relazione per studiare, insieme, delle strategie di adattamento.

«Nelle 5 ore reali, i tempi del racconto si sono tradotti in giornate intere. Le persone si sono immaginate di vivere un tempo più rapido, si sono trovate a dover affrontare la drastica evoluzione degli eventi».

Terminata l’immersione virtuale, i partecipanti sono usciti dal proprio alter ego e si è lasciato spazio ad un debriefing di gruppo, durante il quale sono state evidenziate le soluzioni che ognuno ha compreso di dover adottare come singolo e a nome dell’azienda che rappresenta. «Abbiamo evidenziato una forte percezione di responsabilità. Si è riflettuto molto sul ruolo delle imprese nel contrasto di un futuro distopico, che in un altrove non troppo lontano da noi è, purtroppo, già realtà».

Un esperimento interessante che ha fatto emergere il valore della collaborazione per rispondere al cambiamento con azioni coordinate. La forza dello strumento di immersione, oltre alla sua intensità, è quello di «puntare all’obiettivo e non solo all’intenzione di comunicare».

I feedback finali ci dicono che «durante l’evento, l’ansia è stata l’emozione più comune. Il ritorno al presente è stato invece anche un ritorno alla speranza. Abbiamo evidenziato una trasformazione del sentimento, una presa di responsabilità e una promessa di impegno», conclude Mimma.

È fondamentale agire immediatamente, a livello politico ma anche a livello territoriale, per organizzarsi e diffondere soluzioni concrete

Ho provato speranza, ma poi anche ansia, paura, impotenza, disperazione

In una comunità le idee non si sommano, si moltiplicano

Solo la solidarietà (a livello globale) ci può aiutare in situazioni così estreme (e anche nella loro prevenzione)

L’attuale modello economico non può funzionare più!