Fake news? Come combatterle a colpi di scienza sui social! Intervista all’astrofisico Matteo Miluzio

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Matteo Miluzio svolge una di quelle professioni che, ai più, fanno brillare gli occhi proprio come le stelle: l’astrofisico. Attualmente lavora per la missione spaziale Euclid presso la sede di Madrid dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea.

Da anni, insieme a Filippo Bonaventura e Lorenzo Colombo, porta avanti il progetto di “Chi ha paura del buio” canale social di divulgazione scientifica e fact checking. Miluzio e i suoi colleghi curano una corretta informazione su temi che vanno dall’astronomia alla vulcanologia, dalla sismologia alla climatologia, facendo luce sulle notizie corrette e lavorando per smascherare le tante fake news che girano nel web. Per saperne di più l’abbiamo raggiunto con questa intervista.

Da uomo di scienza a comunicatore scientifico. Come avviene questo passaggio?

Il mio arrivo a “Chi ha paura del buio” è avvenuto quasi agli inizi di questo progetto: pensate che la pagina facebook che ora conta 260 mila follower, all’epoca aveva solamente 1.000 fan. Già allora ero attivo su gruppi e forum cercando di smentire, con dati alla mano, una serie di bufale. Dalla passione a quello che potremmo definire un impegno sociale per la corretta informazione, il passo è stato breve.

Non di sole stelle e spazio ti occupi. Anche nel periodo di lockdown in cui si confrontavano i dati delle emissioni climalteranti, sei stato molto attivo nello spiegare come funzionano i gas serra e i “tempi” degli effetti sul climate change….

Sono sempre stato appassionato delle tematiche metereologiche e climatiche e, sebbene non rientrino nel mio ambito lavorativo, ho cercato sempre – anche come divulgatore scientifico – di essere bene informato. Con CHPDB, per poter essere noi stessi fonti attendibili, abbiamo poi sviluppato, man mano, una serie di rapporti con una rete di esperti nei diversi campi. Su questi temi cerco quindi di fare divulgazione, di smentire soprattutto le frequenti bufale grazie al supporto di climatologi e scienziati del campo.

Basta fare un giro sul web per trovare ancora schiere di negazionisti sul clima ma non solo. Permettimi la provocazione, allora comunicare correttamente non serve a nulla…

Credo che i negazionisti siano sempre esistiti, ma prima non avevano modo di crearsi un proprio pubblico. Negli anni ho notato che stanno aumentando i bene informati. Tanta gente era indifferente, ad esempio, ai temi del cambiamento climatico mentre ora sta prendendo coscienza e ci si rende conto che il problema è reale. Sebbene facciano “rumore”, i negazionisti rimangono una minoranza.

Perché la scienza è arrivata in un secondo momento sui social?

Da sempre la divulgazione professionista tende a ignorare complottisti e simili. Questa posizione, però, con l’avvento dei social, ha permesso ai “bufalari” di dilagare incontrastati sui social perché a lungo nessuno si è preoccupato seriamente di tirare su un argine. Si pensava che non dare importanza e ignorare questi soggetti, avrebbe fatto morire i fuochi di paglia, invece quelle teorie non scientifiche hanno spesso attecchito. Quindi è importante che la scienza sia sui social per fare corretta informazione e bloccare sul nascere le fake news.

Quali consigli potresti dare a chi vuol fare la propria parte per una corretta informazione, magari proprio in materia di climate change?

Partire da fonti scientifiche valide e da esperti del settore. Non si possono avere lacune scientifiche se si vuol realizzare una corretta comunicazione anche perché smentire una cosa falsa richiede spesso davvero più impegno. Se mi dici che “gli asini volano” e io te lo devo smentire, dovrò parlarti della gravità e della differente struttura ossea dell’animale rispetto a un uccello. Vi è un altro aspetto da considerare specie se a fare divulgazione è un “esperto” della materia. L’adozione del linguaggio scelto poi non è banale: un tecnico corre il rischio di dare per scontati concetti che le persone hanno tutto il diritto di non conoscere. Tocca quindi ponderare qualsiasi parola venga usata per spiegare un concetto.

Ora comunicare il cambiamento climatico è più difficile anche rispetto ad altre informazioni scientifiche. Se voglio spiegare una galassia, basta una foto.

Gli effetti del climate change si vedono su tempi molto lunghi e per questo è più difficile far aprire gli occhi. Se i risultati delle emissioni in atmosfera dei climalteranti fossero veloci come lo è stato il Coronavirus, avremmo tutti cambiato le abitudini in tempi brevissimi, come è stato col virus.

Per il climate change si deve andare più a fondo perché non basta una foto: sono fondamentali i dati, ma vanno resi comprensibili. Spesso noi di CHPDB realizziamo immagini che siano, da un lato, d’impatto – per catturare l’attenzione – dall’altro basate su dati che consentano di far ragionare le persone su quello che stiamo comunicando.

Che valore dai all’impegno di Greta?

Ha avuto più impatto lei che centinaia di scienziati in decenni. Inoltre, i suoi discorsi sono sempre supportati dalla scienza. Quindi ben venga!

Chiudiamo con un libro o un film che consiglieresti

Sicuramente i docufilm Before the flood e Ice on fire di Leonardo Di Caprio. Per i libri, consiglio quelli del climatologo Mercalli.

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