Infrastrutture e biciclette: intervista a Bikeitalia.it

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Il 21 dicembre 2017, il Senato della Repubblica, ha approvato la legge sulla Mobilità Ciclistica, evidenziando la bicicletta come il mezzo che dovrà assumere nelle città italiane pari dignità rispetto agli altri mezzi di trasporto. L’8 gennaio, la trasmissione televisiva Presa Diretta di Rai Tre, ha dedicato la puntata, al grande tema della mobilità ciclabile proprio come incipit per un 2018 di buoni propositi per il nostro paese. Oggi nel nostro Paese parlare di mobilità ciclabile senza infrastrutture dedicate alla bicicletta non ha senso, quindi la priorità a livello nazionale è quella di realizzare le infrastrutture ciclabili che devono essere studiate per ogni città in modo sicuro, integrate nel tessuto urbano e collegate. Si dovranno realizzare come soluzione contro l’inquinamento, la congestione del traffico urbano e che possano essere da stimolo per cambiare le abitudini e la mentalità delle persone restituendo benefici all’ambiente e alla collettività.

La bicicletta è uno dei punti nodali della nuova mobilità sostenibile, le ricadute sul territorio nazionale sono economiche, turistiche e occupazionali, ma soprattutto hanno effetti positivi sulla salute fisica e psichica delle persone. Negli ultimi anni, si parla della progettazione di molte ciclovie che avrebbero come fine quello di collegare molte città e territori, come ad esempio a Roma si parla di Grab da molti anni, (Grande Raccordo Anulare della Bici e dei pedoni), un’infrastruttura ideata, pianificata e disegnata dalla collaborazione di associazioni e cittadini romani che hanno progettato questa linea urbana funzionale, sociale e culturale per tutta la città e che può valere oltre 50 milioni di euro l’anno. Si spera di vedere anche la nascita di Ven.To la lunga ciclabile lungo il Po che collega Venezia a Torino e dell’anello ciclabile del lago di Garda e di altri sette percorsi con uno stanziamento di 370 milioni di euro. Tutti progetti che sono in grado di far crescere la presenza della green society nel tessuto urbano, di innescare azioni di adozione e cura del territorio, di sollecitare la nascita di green jobs legati alla nuova mobilità e al turismo metropolitano.

Di questo ne ho parlato con Paolo Pinzuti, fondatore ed editore del sito internet Bikeitalia.it.

Paolo, quali nuovi obiettivi da raggiungere ci saranno nel 2018 per cercare di far concretizzare la legge sulla mobilità ciclistica approvata dal Senato?

“Il primo obiettivo da raggiungere sarà l’approvazione del Piano Generale della Mobilità Ciclistica, stabilito dall’art. 3 entro 6 mesi dalla pubblicazione delle Legge Quadro sulla Mobilità Ciclistica, quindi entro il mese di Settembre. Con questo documento si realizzerà un piano triennale per l’attuazione pratica della legge, con soldi e strategie messe sul piatto. In mezzo ci saranno le elezioni e la nuova formazione di un nuovo governo e vista l’attuale situazione politica, credo che sia prematuro parlare di obiettivi per il 2018. Aspettiamo il 5 marzo, almeno.”

In che modo le città italiane (comuni) stanno lavorando per convertire i loro territori in ciclabili?

“Le situazioni sono molto differenti tra loro: ci sono città che hanno realizzato dei piani pluriennali (i biciplan) e li stanno attuando da tempo. Questo è il caso di città come Reggio Emilia, Pesaro, Bolzano e altre. Alcune città, come Rimini, stanno puntando molto sull’intermodalitá, realizzando delle velo stazioni in concomitanza delle stazioni ferroviarie per facilitare l’uso della bicicletta e lottare contro il fenomeno del furto. Ci sono città che, invece, sono ferme al palo. In questo momento un movimento interessante è dettato dall’esplosione del bike sharing free flow che sta mettendo in strada molte biciclette. Ma sono iniziative provenienti da privati, in cui il comune non deve fare molto. É vero, però che sensibilità sta cambiando e si stanno sempre più vedendo interventi di pedonalizzazioni e di moderazione del traffico che sono ciò che realmente serve in città per cambiare la mobilità: restituire lo spazio alle persone.”

Quale tipo di comunicazione efficiente si dovrebbe adottare per arrivare a tale obiettivi?

“La comunicazione è un elemento importante che viene troppo spesso sottovalutato a favore di interventi meramente infrastrutturali. Costruire infrastrutture senza spiegare a cosa servono, rischia di essere un boomerang. La prima cosa da fare, pertanto, è informare la popolazione dei progetti e dei buoni propositi della pubblica amministrazione, la seconda cosa è informare i portatori di interesse e soprattutto i negozianti che chi acquista sono le persone e non le automobili e che quindi rimuovendo i posti auto per dare spazio alle biciclette si aumenta il commercio, non lo si diminuisce ( come del resto dimostrano numerosi studi internazionali); la terza cosa è informare i cittadini della reale velocità di spostamento delle biciclette e delle automobili in città. Ancora troppe persone utilizzano l’auto per percorrere distanze inferiori ai 7 km perché sono convinti che sia il mezzo più veloce, mentre ogni evidenza dimostra il contrario.”

Quali consigli dare perché le città italiane possano concretizzare il modello Copenaghen?

“Non è detto che il modello Copenaghen sia quello giusto per le nostre città: CPH è una città che ha una struttura urbanistica molto diversa dalle nostre città. A CPH ci sono molte strade larghissime, mentre nelle nostre città le strade larghe sono più l’eccezione che la regola. Quindi puntare sul modello danese può essere un abbaglio. Varrebbe la pena, piuttosto, puntare sul modello spagnolo, dove si è puntato sulla condivisione degli spazi e la moderazione della velocità. In ogni caso la ricetta che funziona è sempre la stessa: rendere difficile e sconveniente l’uso dell’automobile, togliendo parcheggi e destinando lo spazio, invece, ai pedoni, alle biciclette e al trasporto pubblico. Solo così possiamo eliminare il traffico, l’inquinamento e aumentare la qualità della vita.”

Quanto tempo ci vorrà ancora prima di vedere le città pedalabili e pedonali?

“l’Italia ha il tasso di motorizzazioni più alto in Europa, ha il livello di inquinamento più alto di Europa e sta per arrivare una nuova crisi economica generata dai subprime provenienti dal mondo dell’automotive, questa volta. Tutti questi elementi serviranno a cambiare la mentalità. Credo quindi che tra 5-10 anni le nostre città saranno molto diverse. Certo, molto dipenderà dal tipo di governo che ci ritroveremo per i prossimi 5 anni, dalla riforma del codice della strada che oggi impedisce ai comuni di fare cose elementari che sono la norma nel resto d’Europa e, soprattutto, nel rinnovamento delle strutture tecniche all’interno dei ministeri e dei comuni dove i progettisti sono cresciuti con il mito della fluidificazione del traffico. Bisogna cambiare paradigma, ma siamo sulla strada giusta.”

Considerazioni personali per applicare una comunicazione adeguata al fine di arrivare agli obiettivi.

“La comunicazione è un punto importante: i quarantenni di oggi sono cresciuti guardando una pubblicità progresso che metteva in guardia la popolazione sui rischi dell’aids. Questo ha portato a una maggiore consapevolezza nei rapporti sessuali e alla soluzione del problema della trasmissione delle malattie veneree in generale. In Italia in questo momento servirebbero campagne indirizzate agli automobilisti che spieghino loro che in strada, mentre guidano e guardano il cellulare potrebbe esserci loro, i loro figlio o un loro caro. Si dovrebbe spiegare ai genitori che accompagnano i figli a scuola in automobile, stanno minando la loro indipendenza e la loro capacità di essere adulti forti e in grado di fronteggiare le sfide della vita. Si dovrebbe spiegare che il tempo che trascorriamo bloccati nel traffico è tempo che non ci verrà mai più restituito, che è perso per sempre e non tornerà. Solo puntando su questi tre elementi possiamo arrivare a una qualche forma di cambiamento, ma servono soldi e un forte attivismo da parte dei cittadini.”

Elena Giardina

 

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