Comunicare l’efficienza energetica. Un’intervista ad Antonio Disi.

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Realizzare una cultura della sostenibilità e dell’uso efficiente delle risorse. Quante volte lo avrete sentito ripetere? Quante iniziative, eventi, corsi, progetti sono realizzati con tali obiettivi? Non sempre, però, i risultati sono quelli sperati. Per cercare di capire come iniziative, pur lodevoli, possano effettivamente incidere sul modo di vivere dei nostri concittadini, partendo dalle tematiche legate all’efficienza energetica, abbiamo intervistato l’Arch. Antonio Disi, creativo, divulgatore e ricercatore dell’Agenzia Nazionale per l’Efficienza Energetica di ENEA, ideatore di campagne nazionali di comunicazione come l’Italia in classe A e autore di pubblicazioni scientifiche e per il grande pubblico.

Per risparmiare energia in Italia sono messe in campo varie strategie. Basti pensare al divieto di commercializzazione delle lampadine a incandescenza o gli incentivi fiscali per l’efficientamento energetico degli edifici. In un “mix” vincente, quanto è importante e quanto incide una corretta informazione e comunicazione sull’efficienza energetica? Può realmente contribuire a tagliare le bollette?

Rispondo prendendo in prestito una frase di Goethe che mi piace spesso citare: “Comunicare l’un l’altro, scambiarsi informazioni è natura; tenere conto delle informazioni che ci vengono date è cultura”. Questo significa che informare e comunicare fa parte del nostro essere umani ed è condizione necessaria per interagire fra noi. Il problema è che al momento informativo molto spesso non corrisponde un cambiamento culturale che, nello specifico, riguarderebbe la nostra cultura dell’uso dell’energia.

Le politiche pubbliche a tutti i livelli hanno cominciato a riconoscere che l’informazione e la comunicazione sono fondamentali sia per ‘aggiornare’ le tecnologie con modelli più performanti dal punto di vista energetico che per cambiar il modo in cui noi usiamo le tecnologie vecchie e nuove. Tali azioni hanno prodotto dei risultati interessanti ma il gap tra il potenziale e quello che realmente si fa è veramente ampio. In alcuni settori siamo nell’ordine del 30 % del potenziale ottenibile.

Saprebbe dirci, secondo Lei, il motivo?

I cambiamenti culturali non avvengono per legge e non possono essere imposti. Pensiamo all’edilizia. Nonostante i risultati ottenuti e gli incentivi messi a disposizione dal Governo negli ultimi anni, è molto difficile convincere i cittadini a riqualificare il proprio immobile per renderlo efficiente. Noi siamo una nazione che ha avuto un’accelerazione impressionante nel ventennio post-bellico che ci ha trasformato da un Paese rurale a bassa densità, in uno industriale urbanizzato. Ma la nostra cultura edilizia è rimasta pressappoco quella degli anni ‘40.

Facciamo fatica a vivere in condominio, modifichiamo la nostra casa solo in determinati momenti della nostra vita familiare che hanno delle frequenze lunghissime, siamo molto lenti nel recepire le innovazioni tecnologiche, soprattutto quelle molto invasive come la domotica o la produzione di energia da fonti rinnovabili che richiedono un’assistenza continua da parte di tecnici specializzati.

Tutto questo fa da barriera culturale ai cambiamenti e la semplice informazione da sola non basta. La soluzione? Penso che oltre agli strumenti tecnici quali leggi, incentivi, sanzioni, campagne informative ci sia bisogno di costruire delle situazioni in cui siano gli attori sociali stessi ad organizzarsi mediante occasioni di interazione sociale che favoriscono il formarsi di nuovi modelli di comportamento e di nuovi valori condivisi. E riguardo ai tempi dobbiamo convincerci che il cambiamento culturale non può realizzarsi in tempi brevi se si vuole che l’innovazione metta le proprie radici e possa durare a lungo nel tempo.

Tra gli strumenti per fare cultura vi sono sicuramente i libri. Lei è co-autore del libro “Risparmiare energia for dummies”. A chi è rivolto il libro? Chi dovrebbe assolutamente leggerlo?

Risparmiare energia for dummies – edito da Hoepli – si rivolge a tutti, sia giovani che adulti e contiene una serie di consigli pratici grazie ai quali ognuno, con un minimo sforzo, può cambiare il modo in cui consuma energia. Il libro non propone un cambiamento radicale della quotidianità o uno stile di vita completamente differente dal solito. Esso invece fornisce consigli pratici su come vivere in modo più efficiente dal punto di vista energetico.

Il libro può essere letto da cima a fondo d’un sol fiato oppure si può consultarlo per trovare i suggerimenti più adatti a ognuno di noi. Il volume è diviso in cinque capitoli, che affrontano il tema della crisi energetica e spiegano come ridurre la pressione dell’uomo sul nostro pianeta riducendo i consumi energetici attraverso un viaggio virtuale in un’abitazione, sul luogo di lavoro e nelle modalità di spostamenti in città.

Secondo lei i concetti e i termini legati all’efficienza energetica sono al giorno d’oggi di uso comune? E se sì, in maniera corretta?

Risparmio ed efficienza energetica sono termini entrati abbastanza di recente nel nostro immaginario collettivo e nei nostri vocabolari in risposta ad una situazione drammatica verificatasi negli anni ’70, anche se noi in Italia, come dicevo prima, conserviamo una cultura rurale latente ancestralmente, legata ai concetti di risparmio e di lotta allo spreco.

Esistono varie definizioni dei due termini. Dalla mia esperienza mi sembra che sia più facile far comprendere le differenze se consideriamo il risparmio energetico come l’obiettivo finale da ottenere attraverso due strumenti: l’efficienza energetica, più tecnologica e l’uso razionale dell’energia, più legata al comportamento e all’organizzazione. Questa triade può essere la chiave per rendere più chiari i diversi concetti.

Per quanto riguarda la popolarità e la diffusione, l’efficienza energetica è un termine che nasce dal mondo industriale, proprio perché collegato agli aspetti tecnologici. Nei settori produttivi il tema del risparmio e dell’ottimizzazione dell’uso delle risorse è conosciuto da sempre. Non per niente l’Italia può vantare delle ottime performance energetiche da parte delle PMI, buone pratiche che hanno fatto scuola a livello mondiale e comparti produttivi all’avanguardia nelle tecnologie per l’efficienza energetica. Fuori da tale settore il termine non è ancora molto popolare, nonostante lo sforzo informatico compiuto sia dal settore pubbliche che da parte degli operatori di settore. Basta fare una semplice analisi delle ricerche che avvengono su Google, il principale motore di ricerca web, per accorgersi che il termine appartiene ad un cluster ben definito di operatori.

Risparmio energetico, invece, è un termine più popolare, da quanto risulta nelle indagini svolte negli ultimi anni in Italia, ma soffre del fatto che l’energia, nonostante sia essenziale alla nostra esistenza, è percepita come un’entità astratta, immateriale, che non può essere immagazzinata e di cui è difficile stabilire i benefici conseguenti al risparmio.

Va fatto quindi un grande sforzo comunicativo per far ‘vedere l’energia’ e per mostrare i benefici, come avviene per il tempo e il denaro che sono anche essi termini astratti ma di cui si può quantificare il ritorno.

Si può fare comunicazione ambientale, ad esempio proprio su temi come quelli dell’efficienza energetica, con diversi linguaggi? Es. la comicità? O tramite eventi culturali? E con quali risultati auspicati?

La nostra è una società caratterizzata da un overload informativo che rende molto difficile far emergere un messaggio soprattutto quando tale messaggio punta a modificare uno status quo. Gli esseri umani sono poco propensi al cambiamento e questo è un espediente che li aiuta a navigare nella complessità che li circonda.

Per tale motivo, c’è bisogno di sperimentare nuovi linguaggi, soprattutto nella comunicazione ambientale, entrando nel tessuto narrativo della quotidianità e operando attraverso ‘spinte gentili’, come ci ha insegnato il premio Nobel Richard H. Thaler, che ci aiutino a modificare l’architettura delle scelte di ognuno senza però farci perdere la nostra libertà di scelta.

L’ironia, ad esempio, è uno strumento di grande potenza e la pubblicità lo ha capito da tanto tempo. Lo stesso Cicerone riteneva che un oratore che sapesse usare il registro comico poteva riuscire a creare un rapporto di sintonia con il pubblico sia perché il buonumore genera favore verso chi lo suscitata, sia perché il pubblico ammira l’acutezza dell’oratore.

Quindi, usando l’ironia si può addirittura dire l’opposto di ciò che si vuole intendere e si può scatenare un effetto paradossale, attribuendo ai destinatari del messaggio il grande potere di capire ciò che voglio realmente dire.

Nella mia attività di divulgazione sui temi del risparmio energetico ho spesso utilizzato ironia ed umorismo ottenendone ottimi risultati. Le cito come esempio Clemente il corno intelligente realizzato a Napoli qualche anno fa che faceva leva sull’irrazionalità di un oggetto come il corno per veicolare un messaggio razionale, il pesce d’Aprile realizzato in collaborazione con l’Accademia della Crusca e lo spettacolo che abbiamo realizzato con il comico Diego Parassole e che stiamo portando in giro per l’Italia nell’ambito della Campagna di informazione ‘Italia in classe A’.

Lei ha scritto anche un altro libro, “Storie di ordinaria energia”. In quelle pagine energia ed efficienza energetica sono solo un “pretesto” o celano comunque un messaggio di sostenibilità?

Storie di ordinaria energia è stato un esperimento (ben riuscito, ndr) che utilizza storytelling ed ironia per parlare di cultura dell’energia. Il libro, che si può facilmente leggere in metropolitana tra una fermata e l’altra, raccoglie quindici storie ironiche e surreali ambientate nella mia Napoli che parlano di noi e del nostro rapporto conflittuale con l’energia e il risparmio energetico. C’è la tecnologia che invade le vite dei personaggi sconvolgendole, o anche il pensiero che, in fondo, risparmiare energia sia tutto uno sforzo inutile come pure il lato oscuro dell’uomo che, a volte, riesce a prevalere sulle buone intenzioni.

Nelle pagine del libro l’energia non è una variabile fisica ma culturale che influisce sulle vite dei personaggi e le condiziona. Il mio ruolo è stato semplicemente quello di osservare una loro giornata, un semplice minuto o la loro intera esistenza. Forse sarebbe meglio che a rispondere fossero loro. Ogni lettore potrà riconoscersi nel ‘petroliere Nabil’, nella povera Caterina vessata dal marito maniaco del risparmio energetico o nel posteggiatore abusivo che chiede un miracolo tecnologico a S. Gennaro. Buona lettura!

Letizia Palmisano

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