Il Ponte sullo stretto di Messina: un simbolo italiano di comunicazione dibattuta

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Il primo uomo al potere in Italia che abbia provato a costruire il ponte sullo stretto di Messina sembra essere stato Lucio Metello 250 anni prima della nascita di Cristo. Non ci riuscì per un problema logistico: non aveva navi abbastanza grandi per trasportare il legname necessario. Anche Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, fece studiare un progetto di costruzione di un ponte. Quasi 2300 anni dopo, questo ponte non è mai stato costruito. Ancora al centro dei discorsi del Governo, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini lo ha messo in cima alla lista delle sue priorità.

Il progetto è stato redatto nel 2011 dal consorzio Eurolink (capeggiato da Webuild) e prevede un ponte di 3.666 metri e oltre 60,4 metri di larghezza, con due coppie di torri di quasi 400 metri di altezza da posizionare in Sicilia e in Calabria e a cui agganciare due coppie di cavi per il sistema di sospensione. Si tratterebbe del ponte sospeso più lungo al mondo. Sono previste sei corsie stradali e due binari ferroviari, al di sotto potranno passare navi alte fino a 65 metri. Questo ridurrebbe, secondo Federlogistica, il traffico marittimo della zona del 17%.

I costi di un’opera faraonica come questa sono ovviamente aumentati nel corso dei decenni. Nel 2001 una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile li stimava in 5 miliardi di euro. L’ultimo Documento di Economia e finanza (Def) approvato dal Governo prevede che per l’opera siano oggi necessari 14,6 miliardi di euro. Il tema economico è sempre stato chiaramente al centro della discussione – lo stesso Governo ha ammesso che tali coperture finanziare, ad oggi, non esistono.

La questione finanziaria non ha comunque fermato l’attuale esecutivo: i passaggi per arrivare al posizionamento della prima pietra tuttavia sono ancora tanti. Il progetto deve essere aggiornato sotto vari profili tecnici e mancano ancora diverse autorizzazioni, soprattutto sul fronte ambientale e paesaggistico.

Da sempre tra i maggiori oppositori troviamo proprio gli ambientalisti. Il WWF, per esempio, ha sempre sostenuto che una costruzione del genere avrebbe distrutto l’intero fragile ecosistema del luogo. A rischio ci sarebbero le spiagge, i molti pesci che abitano lo stretto di mare e le tante specie di uccelli che di lì passano nelle loro migrazioni. L’area di costruzione è peraltro compresa tra due Zone di Protezione Speciale – ZPS (sul lato calabrese la Costa Viola e su quello siciliano i Monti Peloritani e il Dorsale Curcuraci). Nel 2013 fu proprio la Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente a dare un parere negativo riguardo l’incidenza ambientale di tale progetto.

Non è l’unico elemento di dibattito. La zona dove dovrebbe essere costruita l’opera è considerata “fortemente esposta a rischio sismico e a possibili frane sottomarine”: Calabria e Sicilia fanno parte della zona sismica 1, quella di maggiore pericolosità.

Non sono mai mancate critiche, ma neanche i più ottimisti sostenitori. Secondo il Ministero dei Trasposti il ponte «congiuntamente agli interventi programmati dal Pnrr sulle reti di trasporto, permetterebbe di ridurre i tempi di viaggio complessivi di oltre il 50% per gli spostamenti ferroviari e di circa il 70% per gli spostamenti stradali». Dati che, per inteso, si basano sull’assunto che il ponte riesca a sostituire tutto il traffico passeggeri dei traghetti.

Di fronte ai rischi, Matteo Salvini risponde che “anche la cupola di Brunelleschi è unica al mondo». Riguardo invece il difficile transito degli uccelli migratori commenta “gli uccelli non sono stupidi”. Risposte brevi a difesa di un’icona politica ed elettorale. Un simbolo, quello del ponte sullo Stretto, che mette a confronto la comunicazione ambientale con la comunicazione politica.

Un simbolo è innegabile e di ciò ne era convinto anche l’ingegner Saccà, che alcuni anni fa presentò un progetto alternativo per costruire invece un tunnel sottomarino. Perché non venne approvato? Saccà risponde: «Mussolini voleva il ponte, Berlusconi voleva il ponte. Il ponte è un simbolo. Un tunnel non lo vede nessuno».