Pubblicità vietata per Greenwashing: il caso Shell nel Regno Unito

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Sembra essere un altro caso di greenwashing quello che vede coinvolta la multinazionale britannica operante nel settore petrolifero e energetico Shell. L’azienda ha infatti realizzato nel 2022 tre pubblicità distribuite sia attraverso cartelloni pubblicitari che spot televisivi e YouTube, che recitavano “Bristol è pronta per l’energia pulita” vantando di dare energia 100% rinnovabile a 78 mila case nel sud dell’Inghilterra. È così che l’Asa, Advertising Standards Authority, l’ente di controllo britannico per la regolamentazione dei contenuti pubblicitari, ha potuto notare come Shell avesse voluto promuovere un comportamento più sostenibile. Comportamento che, al 2022, non risultava ancora realizzato e raggiunto, essendo un obiettivo fissato per il 2050 nell’ambito della transizione energetica verso il Net Zero posta dall’azienda. Un impegno ancor più ambizioso rispetto al raggiungimento della Carbon Neutrality che coinvolge l’intera value chain con la riduzione delle emissioni di carbonio sin dai fornitori primari di materia.

Comunicazione dunque ingannevole. Con quello slogan, i cittadini avrebbero potuto intendere che Shell avesse già abbracciato l’uso di energie rinnovabili per le loro abitazioni, eliminando del tutto la produzione di energia da combustibili fossili.

Dopo questa accusa il dibattito si è acceso.

Shell ha risposto che lo slogan non intendeva nulla di falso o fuorviante, definendo la decisione dell’Asa di vietare le pubblicità come “miope”. Seguono poi paradossali dichiarazioni, in cui affermano di aver dedicato nel 2021 una quantità prevalente di investimenti verso l’estrazione di petrolio e gas, con conseguente innalzamento delle emissioni di gas serra, e che per il prossimo decennio continuerà in questa direzione. Questa scelta si pone in forte contrasto al piano di transizione iniziato nel 2017 e dunque alle valutazioni e i rapporti dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, riguardo agli obiettivi posti per il 2030. Ci troviamo perciò di fronte ad un caso di Greenwashing.

Sulla scia di queste decisioni, il 30 giugno, il responsabile del settore energie rinnovabili di Shell Thomas Brostrom ha lasciato l’azienda dopo che il precedente amministratore delegato Ben Van Beurden è stato sostituito da Wael Sawan, figura che si distanzia dall’etica del rinnovabile.

È bene quindi ribadire quanto sia importante utilizzare una corretta comunicazione nell’ambito dei cambiamenti climatici e conservazione dell’ambiente. Basarsi sempre su dati reali senza alterarli per creare sensazionalismo o stupore, ma fornendo informazioni veritiere e verificabili. Del caso Shell ne hanno parlato Life Gate in un articolo del 14 giugno e le principali testate britanniche e internazionali. Nella moltitudine di dati a cui siamo esposti ogni giorno, è dunque fondamentale avere punti di riferimento e fonti verificabili a cui affidarsi.