La comunicazione ambientale ai tempi dell’emergenza: il caso Tanaro

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Tra il 24 e il 26 novembre le regioni Piemonte e Liguria sono state interessate da un’emergenza maltempo caratterizzata da forti piogge e fiumi in piena. In particolare in Piemonte i fiumi Po e Tanaro sono straripati in alcuni punti facendo tornare alla memoria lo spauracchio dell’alluvione del 1994.

Oltre ad aver alzato gli argini dei fiumi – cosa che è servita per altro a contenere la piena in diversi paesi – a cambiare rispetto agli anni ’90 è stata soprattutto la comunicazione. E il Comune di Alba ne è stata la dimostrazione.

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Foto originale www.gazzettadalba.it

Quando la comunicazione funziona

Grazie a una forma ibrida di comunicazione istituzionale e uso dei social network, Alba ha saputo gestire l’emergenza in maniera virtuosa ed evitare vittime per la strada (considerando infatti che nel ’94 le uniche vittime dell’albese sono state nove persone che viaggiavano per strada ignare dell’alluvione in corso).

La popolazione ha potuto infatti seguire in diretta sui social lo svolgersi della situazione grazie all’unità di emergenza costituita da Comune e Protezione Civile. Per il sindaco Maurizio Marello – che è intervenuto più di una volta in diretta anche su Rai News –  il coordinamento fra protezione civile, prefettura, vigili del fuoco e forze dell’ordine è stato centrale come l’approvazione nei mesi precedenti del nuovo piano di protezione: il sindaco e la giunta, infatti, avevano presentato di persona in tutti i quartieri di Alba un piano sugli scenari di rischio in caso di maltempo e proposto di avere in ogni quartiere dei referenti a supporto della protezione civile, persone conosciute sul territorio, adeguatamente formate e reperibili dal sindaco in situazione di emergenza. Scelta che a quanto pare si è rivelata molto utile.

I danni del cemento

Più in generale, nonostante la quantità di acqua caduta sia maggiore del ’94, in Piemonte ci sono state pochissime vittime – una per l’esattezza, in Val Chisone-  e i danni hanno riguardato soprattutto coltivazioni, strade, ponti e abitazioni. In totale il danno economico è stato quantificato in 1 miliardo di euro, danno che riguarda soprattutto la perdita di raccolti agricoli. Il presidente del consiglio Matteo Renzi ha dichiarato che “nelle prossime ore, quando il governo riceverà la richiesta di stato di emergenza, si muoverà in modo immediato“.

La risposta da parte delle associazioni ambientaliste non si è fatta attendere, puntando il dito contro l’eccessiva cementificazione del suolo e la mancanza di prevenzione. Secondo Wwf Italy, un quarto del suolo ligure entro la fascia di 150 metri dagli alvei fluviali è stato cementificato in soli tre anni, tra il 2012 e il 2015. E’ stato costruito a ridosso e dentro gli alvei. In Piemonte questa tendenza è cresciuta del 9%. Per Legambiente Piemonte, su 1206 comuni piemontesi ben 1131 hanno aree a rischio frana o alluvione. Si tratta del 93% del totale, con punte che arrivano al 99,2% nelle province di Cuneo e Asti: più di 87 mila residenti in aree a pericolosità idraulica elevata e più di 220 mila in aree a pericolosità media.

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Garessio nel 1994

“Se davvero il Governo, così come si è impegnato a fare, vuole dare un segnale concreto ci sono tre cose che possono essere fatte da subito” spiega WWF:

  1. In primo luogo bisogna basare le priorità di intervento sulla scala di bacino idrografico elaborate dalle Autorità di distretto
  2. Va utilizzata l’intera cifra di 1,9 miliardi di euro della legge di Bilancio 2017 alla prevenzione e all’emergenza idrogeologica e sismica invece di destinare  queste risorse “a pioggia” per interventi non prioritari
  3. Va appoggiato alla Camera l’emendamento salvasuolo al disegno di legge di Bilancio 2017 approvato in Commissione Bilancio su proposta della Commissione Ambiente

Sul rischio idrogeologico, come su quello sismico, non si può più improvvisare. Men che meno ora che il cambiamento climatico sta dando prova della sua imprevedibilità.

Maurizio Bongioanni

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