San Francisco, città aperta

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di Silvia Musso

Lo scorso novembre a San Francisco è diventato attivo un decreto, voluto dal sindaco Gavin Newsom, relativo alla trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni. Secondo la nuova legge i dipartimenti e le agenzie della città devono pubblicare i dati a loro disposizione per meglio comunicare con il cittadino. È nato così www.datasf.org un sito che raccoglie le informazioni relative al territorio della Città e Contea di San Francisco suddivise per tipologie: amministrazione e finanza, ambiente, geografia, abitazioni, servizi sociali, pubblica sicurezza, lavori pubblici, trasporti.

Il sito consente di trovare i set di dati in diversi modi: ricerca generale, tag/parole chiave e categorie. L’obiettivo è migliorare l’accesso ai dati sulla città attraverso formati di lettura aperti.
Una volta registrati è possibile lasciare commenti, riflessioni e critiche, fare domande che compariranno pubblicamente e saranno lette da altri cittadini e amministratori. In questo modo è possibile aprire un dialogo e confronto.

Riguardo alla tematica “ambiente” le notizie e i dati disponibili sono molto variegati. Vanno dallo studio sul monitoraggio dei venti al piano d’azione sul clima di San Francisco, dal monitoraggio sullo stato di inquinamento delle spiagge alla qualità dell’acqua della Baia di SF, dalla gestione dei Parchi al programma per le imprese verdi.

Per ogni tema è fornita una breve descrizione, alcuni dati e link per accedere a maggiori dettagli e documentazioni e uno spazio dove è possibile lasciare commenti e condividerli pubblicamente.
La pratica dell’open data, cioè il rilascio di dati pubblici in formato aperto, in modo da renderne facile l’accesso e il riuso, fatta propria dall’amministrazione di SF, è presente in molte altre realtà, come Washington, Londra, Canada, Australia e Paesi Scandinavi per citarne alcuni. Secondo questo approccio è necessario che i dati delle amministrazioni vengano resi pubblici, accessibili e fruibili da tutti, non in maniera passiva, ma stimolando lo scambio, il dialogo e il confronto. In questo processo di liberazione dei dati, Internet risulta quindi essere il mezzo migliore perché permette un alto grado di interattività ed è utilizzabile da tutti.

Anche in Italia esistono delle esperienze simili, come www.spaghettiopendata.org. Non si tratta purtroppo di un sito istituzionale o governativo, come nel caso di SF, ma dell’azione di un gruppo di privati. È infatti il risultato del lavoro di molti cittadini che hanno segnalato link e li hanno riorganizzati. Lo scopo, come si legge sul sito stesso, è fornire un punto di entrata provvisorio ai dati pubblici italiani in attesa che siano resi Open Data e dare rilievo e visibilità ai diversi database di amministrazioni e enti locali che si sono mossi in autonomia precorrendo i tempi e rendendo pubblici i propri dati.

Anche se frutto della volontà di singoli, è comunque uno strumento molto utile per seguire l’evolversi di questo particolare tipo di comunicazione pubblica, basato sulla trasparenza e sul confronto diretto con i cittadini. Di particolare interesse è poi il concetto di riusabilità che dipende da due condizioni imprescindibili per avere degli Open Data: il formato (ad esempio un XLS è più riutilizzabile di un PDF, ma lo è meno di un XML) e una licenza che abiliti al riuso.

Per quanto riguarda il rapporto tra i dati ambientali ed il tema dell’Open Data, Matteo Brunati, uno dei gestori del sito Spaghettiopendata, afferma: «Lo Stato nasce anche per gestire la cosa pubblica, cioè quell’insieme di beni che sono di tutti noi cittadini. Tra queste cose c’è ovviamente il territorio. A livello quantitativo il territorio parla con noi attraverso i dati, attraverso il suo monitoraggio che enti per conto dello Stato sono delegati a fare e via dicendo. Tutti i dati quindi raccolti nel corso di tali operazioni dovrebbero avere di diritto una consultazione aperta e agevolata. I dati ambientali raccontano molto sugli andamenti dell’inquinamento, della mobilità e dello sfruttamento del nostro territorio. E possono essere un veicolo di una nuova progettazione urbana partecipata, assai più vicina al vivere di noi cittadini attivi del territorio. Per questo sono un vettore fondamentale anche per innescare nuovi meccanismi virtuosi di controllo sull’operato e sulla difesa a lungo termine di quel bene comune che è il luogo in cui viviamo».

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