Comunicare il nucleare: sbagliando s’impara?

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di Anna de Polo

Negli ultimi tempi nel nostro Paese si è riaperto il dibattito sul nucleare, come al solito all’insegna dello scambio di opinioni, più o meno autorevoli, e dello scarso contenuto informativo. È difficile formarsi una propria opinione sull’argomento, perché si rimane frastornati dalle voci contrastanti che si levano da ogni parte, tanto più che anche gli scienziati non sembrano concordi.

Pur non volendo affrontare questa spinosa questione in questa sede, ci preme sottolineare l’importanza dell’informazione e sensibilizzazione dei cittadini, soprattutto riguardo ai rischi che il nucleare comporta e proprio in vista di una eventuale sua reintroduzione in Italia.A questo proposito si può prendere esempio dalla Francia, che ha recentemente creato un portale governativo sulla prevenzione dei rischi naturali, sanitari e tecnologici (ivi incluso il rischio d’incidente nucleare) per informare e preparare la popolazione in caso di calamità di vario genere. Viene spontaneo fare un confronto con il portale della nostra protezione civile, l’unico italiano in cui si trovano informazioni simili, sotto la voce “rischio sanitario e antropico”: purtroppo, però, sia la forma che il contenuto non sono esaurienti come l’equivalente francese, ma potrebbero essere migliorati nel caso anche qui vengano aperte delle nuove centrali nucleari. L’esperienza di ?hernobyl, infatti, insegna: come denunciato in diversi libri (vedi Ulitsa Sadovaja, voluto dall’associazione di volontariato Mondo in Cammino), le gravi conseguenze ambientali e sanitarie dell’incidente sarebbero potuto essere limitate se ci fosse stata, e ci fosse tutt’oggi, una (migliore) informazione istituzionale riguardo ai rischi della radioattività. Così come la tecnologia ha fatto tesoro del disastro dell’ ‘86, compiendo grossi passi avanti nella costruzione di centrali più sicure, così i governi dei paesi nuclearizzati dovrebbero imparare da quell’esperienza e formare i propri cittadini in modo che sappiano quali misure adottare in caso di incidente. È sbagliato considerare ?hernobyl come un evento appartenente al passato, perché conservarne memoria ci aiuta a non commettere gli stessi errori in futuro.

A questo proposito è in programma per domenica 19 settembre a Mestre, nell’ambito della Fiera della città aperta, organizzata dall’Ecoistituto del Veneto Alex Langer, un incontro con il professor Yuri Bandazhevsky, medico bielorusso che, in circa 240 lavori di ricerca, ha dimostrato gli effetti nel tempo dell’esposizione prolungata a basse dosi di radionuclidi. La posizione di Bandazhevsky non lascia margini di compromesso: «l’energia atomica, per come viene prodotta adesso, non è sicura ed è molto ambiguo il limite tra uso civile ed uso militare» ha dichiarato in un’intervista. «I governi devono pensarci, perché il nucleare costituisce un gravissimo pericolo». Nell’incontro interverrà anche Massimo Bonfatti, presidente di “Mondo in cammino”. Si replica a Torino il 21 settembre e a Novara il 22. Per chi volesse farsi un’idea sulla questione nucleare senza uscire da casa segnalo la puntata di domenica sera di “Presadiretta”, di Riccardo Iacona, che verterà proprio su quest’argomento.

Qualunque sia la decisione che il governo prenderà in merito all’energia atomica, resta da chiedersi perché si intendano spendere cifre astronomiche per costruire nuove centrali, quando le si potrebbe investire in energie rinnovabili e a risparmio energetico, indubbiamente più sostenibili e meno pericolose. Perfino Margherita Huck, più possibilista sul tema del nucleare rispetto a Bandazhevsky, ha dichiarato che «non nega l’importanza del nucleare, ma personalmente ritiene che si dovrebbe puntare sulle energie rinnovabili». Se alla base del concetto di sviluppo sostenibile sta l’idea che la Terra ci è stata data in prestito dai nostri figli, pensiamo davvero di restituirgliela con in allegato delle scorie radioattive?

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