Petroliere: disastri in mare tra cinema e realtà

| scritto da | ,

Tre chiazze di petrolio, con una superficie totale di 332 chilometri quadrati. In soli quattro giorni, rispetto ai 101 chilometri quadrati segnalati, lo sversamento in mare, dovuto all’affondamento della nave petroliera iraniana Sanchi al largo della costa orientale della Cina, è triplicato. L’enorme marea nera si sposta verso Nord e minaccia le coste sudcoreane e giapponesi.

Secondo gli esperti ci troveremmo, per proporzioni, di fronte ad un disastro simile a quello catastrofico dell’Exxon Valdez, la superpetroliera di proprietà della Exxon Mobil, avvenuto nel 1989 al largo dell’Alaska.

Foto credits: MeteoWeb.it

La Sanchi è affondata a seguito di una collisione avvenuta con il mercantile Cf Crystal lo scorso 14 gennaio, dopo aver preso fuoco ed essere bruciata. Sembra un film già visto: un lungo film, cominciato con lo spaventoso disastro della petroliera “Torrey Canyon” avvenuto nel 1967, sversamento che destò una fortissima emozione nell’opinione pubblica.

È il 18 marzo del 1967. Alle ore 3,30 la petroliera “Torrey Canyon, battente bandiera liberiana, si incaglia sugli scogli delle Isole di Shilly, al largo della Cornovaglia. Naufraga poi nel canale della Manica. Viene subito lanciato l’SOS. Immediatamente partono i soccorsi. Nel frattempo ben 120.000 tonnellate di petrolio grezzo (860.000 barili) si riversano su 180 chilometri di coste inglesi e francesi. In breve il greggio distrugge 35.000 tonnellate di pesci, crostacei, conchiglie oltre a 100.000 tonnellate di alghe.

Molti i tentativi di salvare la nave; tutti ebbero esito negativo. Inevitabilmente l’intero carico si riversò a mare. Furono poi immesse a mare, dalle navi della Marina Britannica, circa 10mila tonnellate di solventi per emulsionare e disperdere il petrolio; purtroppo, solventi altamente tossici per il mare. La nave, dopo alcuni giorni, si spezzò in più parti. Questo fece decidere le autorità britanniche a farla bombardare dalla Royal Air Force ed affondarla per limitare la fuoriuscita di petrolio sulle spiagge. Si cercò anche, altrettanto inutilmente, di usare napalm per incendiare il petrolio. Una vera e propria “guerra”, persa, contro il petrolio.

Il disastro della Torrey Canyon

Nella memoria di tutti rimane ben impresso l’elenco dei naufragi e degli enormi inquinamenti causati, oltre che dalla “Torrey Canyon”, dalla “Amoco Cadiz” (arenata il 16 marzo 1978, presso Finisterre), dalla “Exxon Valdez” (naufragata in Alaska il 24 marzo 1989), dalla “Haven” (affondata davanti a Genova-Pegli), dalla “Braer” (schiantata il 5 gennaio 1993 sugli scogli nella zona delle Isole Shetland), dalla “Erika” (spezzata in due sulle coste della Bretagna il 12 dicembre 1999), dalla “Jessica”, affondata al largo dell’arcipelago delle Galapagos, una delle più importanti oasi naturali del mondo. O ancora il disastro della piattaforma petrolifera “Deepwater Horizon” (aprile 2010), affiliata British Petroleum, con uno sversamento massiccio di petrolio nelle acque del Golfo del Messico. Un elenco che suona come un de profundis.

Il cinema, che spesso si “alimenta” di mostri e di fobie, superando la fase del racconto del petrolio rassicurante, espansivo, produttore di felicità e ricchezza (si veda “Miracolo a Milano” con l’allegro zampillare di getti di petrolio e la felicità che esso produce nella baraccopoli), ha poi preso a raccontare, esplicitamente o per metafore, la storia di alcune di queste super petroliere e del pericoloso commercio ad esse legato.

Una scena del film “Deepwater – Inferno sull’oceano”

“La gabbianella ed il gatto”, (1998) regia Enzo D’Alò, da Sepúlveda, ci porta da Kengah, una gabbiana avvelenata da una macchia di petrolio, che affida in punto di morte il proprio uovo al gatto Zorba, chiedendogli di non mangiarlo, di prendersi cura del piccolo e di insegnargli a volare.

Il recente “L’ultima tempesta”, (2016) regia di Craig Gillespie, con Chris Pine, Ben Foster, Eric Bana, racconta della vera storia della Guardia Costiera americana alle prese con una violenta tempesta e con la “SS Pendleton”, una petroliera diretta a Boston, che viene letteralmente spezzata in due.

“The Stinking Ship”, (2011) regia di Bagassi Koura è un documentario che racconta le conseguenze della catastrofe umanitaria che avviene quando una compagnia svizzera scarica il suo cargo di sostanze tossiche nel pieno della più grande città della Costa d’avorio, Abidjan.

“Catastrofe in mare – Il disastro della Exxon Valdez” (1992), regia di Paul Seed, è un film per la televisione imperniato sull’incidente nel porto di imbarco dell’Alaska, con sversamento in mare di 400.000 tonnellate di petrolio. Il film descrive il lavoro della autorità governative per cercare di arginare i danni. Molti gli ostacoli che si frapporranno: i proprietari della nave e dell’oleodotto, anzitutto, che faranno di tutto per evitare eccessivi costi e riattivare al più presto il flusso del petrolio.

“Deepwater – Inferno sull’oceano”, (2016) regia di Peter Berg, in cui l’argomento è il racconto dettagliato basato dell’esplosione della piattaforma petrolifera avvenuto nell’aprile 2010.

Enzo Lavagnini

Lascia un commento