Viaggio surreale nella confusione sulla crisi climatica

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Su una chat di vecchi amici, in pochi messaggi emerge tutto l’armamentario che si definisce a volte negazionista, dettato semplicemente da una confusione sulla crisi climatica.

Premessa di contesto: il nostro protagonista è una persona laureata, di estrazione altoborghese, con una posizione sociale rispettabile e incline a una certa simpatica eccentricità.

Tutto nasce da un titolo, ovviamente commentato senza avere letto l’articolo, che racconta “Che caldo che fa”, una campagna di Legambiente nel corso della quale si sono misurati picchi di 85 gradi su alcune superfici esposte al sole in ambienti urbani.

Si parte con l’invettiva contro i titoli allarmistici:

“È ovvio che non possono esserci stati 85 gradi. Non ci sono nemmeno nel deserto più caldo del mondo!”.

Nell’articolo, dandosi la pena di leggerlo, non c’era scritto che a Milano è stata registrata quella temperatura.

Sarebbe bastato non fermarsi al titolo per scoprire che si tratta di una campagna di sensibilizzazione, e che era chiaramente spiegato come e dove erano stati misurati quei dati. Ma si sa, il bias di conferma è di bocca buona, si accontenta di ciò che rafforza la nostra opinione e la nostra indignazione, senza bisogno di troppo approfondimento.

Naturalmente è tutta una cospirazione, lui mica è così ingenuo, l’ha capito:

“È solo una menata per ciucciare soldi al popolo (…) guarda dove va il denaro e li capisci dove vengono spinte le politiche. Ormai su tutto è così.”

E ancora:

“Le politiche e le “narrative” vanno nella direzione dei soldi. Ma è sempre stato così. Oggi però più che mai”.

Sembra plausibile se non sai nulla dell’argomento, solo che i dati, provenienti da una fonte Ministeriale, e non da un covo di ambientalisti indemoniati, dicono esattamente il contrario.

Parlando dell’Italia, l’importo dei Sussidi Ambientalmente Dannosi supera i 24 miliardi di euro annui, nettamente più alto di quelli Ambientalmente Favorevoli. La finanza è tornata a investire senza freni nell’economia sporca, ma vaglielo a spiegare, se nel frattempo sono finiti in mezzo Dio, Bill Gates, la Volkswagen e il “poveretto obbligato a rottamare la Panda”.

Il nostro ormai non si tiene più:

“A me non me ne frega se cambia la temperatura di 2 gradi o anche 5. Ma anche 10. Di certo non si può avere l’onnipotenza di controllare la natura.”

Due gradi di aumento della temperatura media globale significano però desertificazione accelerata, milioni di persone costrette a migrare, aumento esponenziale di eventi meteo estremi e perdita irreversibile di biodiversità.

Così come il fatto che il delirio di onnipotenza è esattamente quello contrario, cioè l’illusione di poter continuare a depredare e minare i sistemi naturali senza pagarne le conseguenze.

Poi arriva il carico della tirata pseudoscientifica, con tanto di screenshot con qualche riga di dati insignificanti presi chissà dove:

“Il cambiamento climatico c’è sempre stato, basta guardare l’archeologia”.

Caso da manuale, pezzo forte del repertorio della narrazione negazionista, di premessa vera usata per convalidare una conclusione falsa.

Certo, sappiamo che la Terra ha già attraversato fasi glaciali e periodi caldi, ma il punto non è solo il clima che cambia, è la velocità con cui sta cambiando oggi, e soprattutto la causa.

In passato erano fenomeni naturali che ben conosciamo, oggi sappiamo altrettanto bene che è il carbonio che dissotterriamo e mandiamo in atmosfera bruciando carbone, petrolio e gas.

No, non è la stessa cosa. E no, non è un argomento controverso nel mondo scientifico.

La conversazione, in realtà ormai un incontenibile monologo, si conclude con l’argomento su cui era cominciata. Il titolo allarmista, che secondo il nostro dimostrerebbe che «non esiste complottismo ma solo fatti reali i fatti non si possono negare. Quindi a questo punto perché doversi fidare di chi porta avanti questa ideologia o meglio di questa narrativa mentendo a tutti noi e creando volutamente un allarme per poi in un futuro vicino imporre nuove restrizioni, imposizioni, e obblighi (di acquisti di beni “green” per esempio)?»

L’aneddoto (reale, nulla di inventato, nemmeno una parola), forse anche divertente ma soprattutto preoccupante, spiega molto bene come la confusione sulla crisi climatica sia molto diffusa.

La ricetta è piuttosto semplice, la strategia comunicativa maledettamente efficace: un misto di preconcetti personali sostenuti da bias cognitivi e fallacie argomentative, complotti fantasiosi e ostinata diffidenza verso i dati e la scienza, compresa la rimozione di nozioni di base che dovremmo avere studiato durante gli anni di scuola.

Mentre qualcuno scherza su qualche giornata fresca fuori stagione, i ghiacciai continuano a ritirarsi, le città a diventare bolle di calore invivibili e gli eventi estremi a moltiplicarsi.

Se preferiamo consolarci e sfuggire dalle responsabilità, credendo che sia solo la natura a fare il suo corso, allora sì: buon bagno a capodanno, buon divertimento, e buona fortuna.