ReCommon lancia la campagna Account 0% fossile per fare luce sui contenuti promossi sui social media che talvolta hanno ricadute nel greenwashing e per promuovere una comunicazione chiara e autentica.
Un’iniziativa che prende spunto da “un’accademia” per content creator sui temi della transizione energetica realizzata da Eni, per porsi in contrasto e affrontare questo tipo di comunicazione fuorviante promossa online.
“Non abbiamo proposto questa campagna in una logica da pari e non vogliamo porci come i certificatori della trasparenza degli influencer – commenta Marta Francescangeli, che si occupa di fundraising e comunicazione per ReCommon-. Però vogliamo sottolineare che tramite la promozione dei contenuti sui social, e anche su altri media e con la pubblicità, le aziende fossili cercano di crearsi una legittimità sociale che non hanno, facendo greenwashing, e queste dinamiche vanno messe in luce”.
Com’è strutturata l’iniziativa Account 0% fossile e come mai avete deciso di intraprenderla?
La campagna nasce come reazione a un’iniziativa di Eni, che a settembre ha organizzato l’Academy Creator Bootcamp. Ha selezionato, tra centinaia di domande, alcuni aspiranti content creator, con lo scopo di insegnare loro a comunicare la transizione energetica. Di fatto ha creato una scuola per influencer per raccontare la sua versione della transizione energetica.
Per noi era palese il conflitto d’interesse, ci sembrava problematico che questa entità promuovesse una scuola per insegnare a comunicare la transizione energetica. La scuola è stata promossa non direttamente da Eni, ma dalla sua divisione Plenitude dedicata alle energie rinnovabili.
Perciò ReCommon ha deciso di avviare una contro narrazione, coinvolgendo alcuni professionisti della comunicazione e dei social.
In questo settore i content creator guadagnano anche grazie ai contenuti sponsorizzati, ma per noi questa dinamica è problematica quando chi sponsorizza ha un interesse specifico e difficilmente lascerà spazio al senso critico.
È una dinamica simile a quella dei media tradizionali, studiata dall’Osservatorio di Pavia riportata nel report sulla comunicazione ambientale promosso da Greenpeace e dall’Università di Pavia, dove le testate che ricevono ingenti sponsorizzazioni da determinate aziende poi non lasciano spazio a posizioni critiche sull’operato di queste compagnie.
Come avete deciso di strutturare la campagna? Eravate presenti su TikTok?
Abbiamo deciso di utilizzare principalmente Instagram perché non abbiamo un account su TikTok, ma anche per il fatto che è lo spazio che conosciamo meglio. Infatti, abbiamo registrato interesse a partecipare alla nostra campagna da parte di account con parecchi follower e stiamo pianificando per tempo le uscite in base ai calendari editoriali.
Siamo contenti di poter lavorare sul lungo periodo, pubblicando contenuti più strutturati e ragionati. Un contatto ha deciso di portare la campagna su LinkedIn, dove si può utilizzare uno stile diverso di comunicazione, concentrandosi di più sui contenuti, a livello di legittimità sociale e di conoscenza del greenwashing, andando oltre la velocità di pubblicazione.
Nell’immagine del comunicato stampa di lancio della campagna scrivete che “la nostra mente è il terreno di conquista”
Sì, abbiamo letto questa frase del giornalista esperto di ambiente Ferdinando Cotugno, nella newsletter Areale, dove ha scritto “La nostra mente è un terreno di conquista. È il terreno di conquista. La nostra mente è un asset geopolitico”. Cotugno parlava delle dinamiche politiche prima della COP30 che è in corso a Belem in Brasile, però per noi questa frase è stata illuminante e abbiamo deciso di riprenderla.
La competizione per catturare l’attenzione delle persone è veramente alta e rappresenta un aspetto importante della questione ambientale, poiché in molti si informano tramite i social.
Su questi, come Instagram e TikTok, la fruizione dei contenuti è veloce e conta molto la reputazione del creator e la grandezza e la fiducia della sua community. Tanti follower hanno fiducia nei confronti del creator perché lo seguono da tempo e spesso fanno fatica a discernere i contenuti promozionali da quelli autentici.
Come avete scelto il titolo “Account 0% fossile”?
Lo abbiamo scelto perché ognuno di noi è fatto di percentuali, è un po’ come la genuinità del cibo, quando un ingrediente che fa male è allo 0% questa cifra è inequivocabile, molto immediata.
L’auspicio è che il numero dei creator 0% Fossile continui ad aumentare, perché noi abbiamo in veramente bisogno di energia per contrastare la potenza di fuoco dell’industria fossile.
