La comunicazione permea la nostra vita, e per le grandi aziende assume un peso critico: sull’immagine che mostrano si fonda la reputazione, la fiducia e, in ultima analisi, il successo economico.
Anche nel settore energetico sono aumentati esponenzialmente gli investimenti in questo settore, con particolare attenzione per il racconto del ruolo delle aziende nell’approccio alla sostenibilità.
Tra queste proprio Eni nell’ultimo anno, tramite la propria partecipata Plenitude, ha investito moltissime risorse per aumentare la propria influenza sui social network, Instagram e Tik Tok su tutti, con una veste sicuramente più vicina ai temi legati alla transizione ecologica e alla sostenibilità.
Tra gli argomenti più sviluppati troviamo quello della neutralità tecnologica, il principio secondo cui deve essere il mercato a scegliere la soluzione più vantaggiosa per un obiettivo (che può essere la sostenibilità), non la politica interna o gli Stati europei.
Notevole poi l’investimento fatto per collaborare con i più influenti personaggi social del momento: l’attore Paolo Ruffini (2mln di follower su Instagram), la travel blogger Manuela Vitulli (169mila follower su Instagram) o il gamer Jody Checchetto (281mila follower su Instagram).
Oltre a queste collaborazioni di rilievo, Plenitude ha in programma di poter coinvolgere altri content creator e di entrare così in questo florido mercato.
Lo scorso 15 settembre a Milano si è infatti aperto il Plenitude Creator Bootcamp per formare un team di creator che per un anno possano «raccontare la transizione energetica sui canali social di Plenitude».
Accanto all’intensificarsi della comunicazione sui social network, Eni continua a sponsorizzare molti dei più grandi eventi italiani ed europei, tra questi la Serie A, il Festival di Sanremo, ma anche la Vuelta di Spagna.
Da queste dinamiche notiamo come dietro a tali importanti investimenti in comunicazione si nasconda sempre una certa dose di greenwashing, ostentando un'immagine di sé più sostenibile di quanto in realtà sia.
Un rischio che corre se, come riportato dalle ONG Greenpeace e Recommon, da sola nel 2021 ha prodotto 456 milioni di tonnellate di anidride carbonica e la sua produzione di idrocarburi è superiore del 70% rispetto al livello di emissioni stabilite dall’Agenzia Internazionale dell’Energia.
Le due ONG inoltre, con il supporto di numerosi cittadini, hanno aperto un’azione legale contro Eni per provare a stabilire un importante precedente in un tribunale italiano.
Una prima volta in cui gli impegni dell’Accordo di Parigi (limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di 2°C) vengono applicati anche alle grandi società energetiche private, proprio come Eni, portando alla luce la chiara disparità tra il loro desiderio di mostrarsi più virtuosi e le reali attività operative.