Nessuno di noi era pronto a rinunciare a climate.gov e alla missione.
Così Rebecca Lindsey, ex caporedattrice di Climate.gov, ha spiegato motivo e cuore del progetto Climate.us, la nuova iniziativa indipendente che cerca di rianimare il portale governativo dismesso, riprendendo una parte essenziale del patrimonio informativo sul cambiamento climatico.
Quando Climate.gov – portale ufficiale NOAA dedicato a clima e scienza ambientale – è stato silenziato dall’amministrazione Trump (licenziando il team che lo gestiva, abbandonando aggiornamenti e cancellando contenuti visibili), molti hanno avvertito che non si trattasse semplicemente di una questione di carenza di contenuti, ovvero meno articoli.
Era una ferita nella fiducia dell’informazione scientifica.
Il database estraeva informazioni dai dati di assistenza della Federal Emergency Management Agency (Fema), dalle organizzazioni assicurative, dalle agenzie statali e da altre fonti per stimare le perdite complessive causate da singoli disastri.
Si è interrotto quindi il monitoraggio dei costi dei disastri meteorologici alimentati dalla crisi climatica, tra cui alluvioni, ondate di calore, incendi boschivi e altro ancora.

Climate.us nasce in risposta a questa ferita. Un gruppo di ex-professionisti – Lindsey compresa – sta costruendo il portale come organizzazione non-profit, sperando di restituire al pubblico contenuti accessibili, aggiornati, liberi da interferenze politiche.
Gli obiettivi sono molteplice:
- preservare gli articoli, le mappe, i dashboard e le risorse educative che facevano parte di Climate.gov;
- offrire nuovi strumenti per la comunità: supporto per amministrazioni locali nella gestione del rischio climatico (es. mappe di rischio inondazioni), risorse educative per scuole, interpretazioni divulgative della scienza climatica;
- sperimentare linguaggi di comunicazione più ampi: più visualizzazioni, uso di strumenti digitali e social (anche piattaforme come TikTok) per raggiungere persone che non frequentavano siti scientifici.
Non è un progetto senza sfide. Attualmente Climate.us vive grazie al volontariato, a contributi iniziali, sovvenzioni a breve termine e donazioni.
Ci sono resistenze non solo tecniche (hosting, manutenzione, aggiornamenti), ma anche culturali: ricostruire credibilità, raggiungere persone abituate a fonti governative, contrastare la disinformazione che si insinua proprio negli spazi lasciati vuoti.

Questa storia è importante per tutti i suoi risvolti connessi ad un’informazione oggettiva, scientifica e accessibile. La comunicazione ambientale ha in dote tutti questi tratti:
- Quando strumenti governativi si indeboliscono o sono resi inaccessibili, l’informazione climatica rischia di diventare frammentata, meno trasparente.
- Il modello di Climate.us offre un esempio concreto di come la comunità scientifica e coloro che comunicano ambiente possano rispondere, proteggere il sapere e renderlo nuovamente pubblico.
- Avere risorse libere, affidabili e aggiornate è fondamentale per chi lavora nell’ambito della comunicazione ambientale, per i giornalisti, le scuole, le amministrazioni locali: serve una base solida per raccontare rischi, adattamenti, politiche climatiche.
Se il cambiamento climatico è diventato (giustamente) tema centrale di policy, economia e vita quotidiana, allora l’informazione non può restare appesa a decisioni governative altalenanti.
Progetti come Climate.us ricordano che il sapere pubblico va curato, protetto, divulgato in forme che parlino a tutti — perché la scienza abbia senso solo se serve, se informa, se ispira fiducia.