Le Case sotterranee di Matmata

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Costruire abitazioni sotterranee esposte a climi particolarmente caldi non è una novità. Infatti, questo tipo di casa, definita “ipogea”, ha la qualità di rimanere fresca nei mesi estivi e più tiepida in inverno anche senza essere riscaldata, proprio grazie alla sua posizione isolata e protetta.

A Matmata, nel sud della Tunisia, villaggio separato dal governatorato di Tozeur dal grande lago salato di Chott el Jerid, i berberi, per diverse migliaia di anni, hanno abbracciato questo concetto abitativo.

Questa zona, unico corridoio via terra tra la Tunisia e la Libia è stata per secoli oggetto delle incursioni degli arabi e soltanto in seguito, quando le relazioni tra arabi e berberi si sono fatte più amichevoli, questi ultimi hanno deciso di spostare le loro abitazioni dall’alta montagna alle pianure di Matmata.

Hanno così iniziato a costruire le loro case scavando grandi fosse nel terreno di pietra arenaria, materiale malleabile ma robusto, con profondità di circa 6 metri. Una volta scavate, queste venivano lasciate a cielo aperto, sfruttando la fossa centrale come cortile e poi costruendoci intorno le varie stanze che componevano la casa. A sua volta, poi, ogni cortile veniva collegato agli altri attraverso dei corridoi sotterranei.

In questa piccola località, nel mezzo del deserto del Sahara, poche di queste case sono ancora utilizzate e molte sono andate distrutte. Negli ultimi decenni, infatti, a causa dello spopolamento, molte persone hanno lasciato la propria abitazione. Solo poche famiglie sono rimaste, alcune perché legate alla loro terra come le donne più anziane, altre perché non hanno la possibilità di trasferirsi. Coloro che abitano ancora queste case-grotta, sono, tuttavia, ancorati alle tradizioni del passato, come si può notare dall’arredamento minimalista ed essenziale, a dimostrazione di abitudini di vita ancora semplici e povere.

Nonostante la particolarità di questo territorio, esso è rimasto piuttosto sconosciuto fino alla fine degli anni 70, quando George Lucas, decise di ambientarvi l’Episodio IV – Una nuova speranza di Guerre Stellari, colpito sia dallo stile delle abitazioni, tanto da utilizzarle nel film per riprendere alcune scene di interno, sia dal deserto circostante che, dotato di molti crateri, ricorda il paesaggio lunare.

Francesca Prandi

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