Compostaggio domestico 2.0: intervista agli ideatori di “Composharing”

| scritto da | , ,

Molto spesso affrontare sfide contemporanee come la riduzione dei rifiuti, passa attraverso la riscoperta di pratiche che l’uomo o la natura avevano già messo a punto da tempo immemorabile, da adattare in modo creativo al mondo di oggi. A Parma sta prendendo vita un progetto innovativo, che coniuga il compostaggio domestico, con la crescente diffusione della “sharing economy”, cioè la condivisione di beni, spazi e servizi ai fini di una maggiore accessibilità, efficienza e sostenibilità. La formula di “progetto partecipato” pone in primo piano la necessità di comunicare e condividere nel modo migliore con i cittadini obiettivi e presupposti della proposta.

Abbiamo incontrato Enrico Ottolini, biologo e attivista WWF di lungo corso, uno degli ideatori di Composharing.

«L’idea alla base della nostra startup nasce nel 2016 all’interno della Rete Parma Riusa, intravedendo nella nuova legge regionale dell’Emilia Romagna sull’economia circolare l’opportunità di dare corpo ad un’ipotesi alla quale pensavamo da tempo: quella di diffondere e consolidare il compostaggio domestico, già presente a macchia di leopardo sul territorio, mettendo a disposizione competenze, servizi e attrezzature in forma condivisa».

Partiamo da qualche dato quantitativo, per capire meglio le dimensioni e l’impatto del progetto.

La raccolta della frazione umida – ci spiega Enrico – ha un peso rilevante sui bilanci dei Comuni e quindi sulla tariffa applicata ai cittadini, oltre ad un significativo impatto ambientale legato al trasporto e al trattamento. In particolare il verde (foglie, sfalci e ramaglie, che costituiscono circa il 20% in peso dei rifiuti urbani) potrebbe in buona parte essere gestita dai singoli utenti, in un piccolo giardino o anche su un terrazzo, con un minimo di conoscenze e materiali. Non a caso molte amministrazioni, negli ultimi anni, hanno attivato sconti e contributi per le famiglie che praticano il compostaggio domestico. Nella sola Emilia Romagna sono censite circa 80mila compostiere, che assorbono una quota della frazione umida stimabile tra il 4 e l’8 per cento. Queste iniziative si sono però nel tempo assestate, mentre siamo convinti che ci siano le potenzialità per arrivare a percentuali a due cifre, se si riuscirà a diffondere maggiormente la cultura del compostaggio e un minimo di servizi e conoscenze.

Ci puoi raccontare concretamente come è nato Composharing?

Con i compagni d’avventura Lara Lori e Massimo Donati, abbiamo preparato il progetto e l’abbiamo presentato al contest Climate Launchpad 2016, piazzandoci al terzo posto in Italia e venendo quindi ammessi al programma “Climate-KIC Accelerator. Una bella soddisfazione – sorride – e soprattutto l’opportunità di entrare in contatto con altri progetti innovativi a livello internazionale, in un percorso che ci ha permesso di crescere e migliorarci. A quel punto abbiamo avuto la certezza che Composharing poteva diventare qualcosa di concreto, e l’abbiamo presentato a diverse amministrazioni comunali. I pionieri sono stati tre comuni della bassa Parmense, Sissa-Trecasali, Mezzani e Sorbolo.

Come avete individuato e contattato i possibili utenti?

Con il supporto dei comuni, abbiamo iniziato il processo di progettazione partecipata del servizio, a partire da un questionario inviato a casa alle famiglie che già risultavano in possesso di una compostiera. Abbiamo ricevuto un buon ritorno, circa il 40% dei questionari compilati, che ci hanno permesso di costruirci una base di conoscenze. A questo punto sono iniziati gli incontri pubblici, nei quali abbiamo raccolto di persona proposte, perplessità, domande da parte dei cittadini.

Raccontaci di più di questi incontri pubblici: che atteggiamento riscontrate, quali sono le obiezioni o richieste più frequenti?

Stiamo incontrando per lo più persone già dedite al compostaggio, con una buona competenza di base sull’argomento, interessate all’ipotesi di ricevere supporto pratico e servizi aggiuntivi. Presentiamo la possibilità di usufruire di alcuni materiali molto utili, come il trituratore, l’aeratore o il setaccio rotante, e servizi di formazione, consulenza, e assistenza. Qualcuno si entusiasma subito, e ci chiede di cominciare quanto prima, altri all’inizio sono perplessi  sulla condivisione delle attrezzature, per il timore che qualche utilizzatore scorretto possa danneggiarle e renderle inservibili.

Anch’io mentre ne parlavi l’ho pensato, come rispondete a questa obiezione?

Composharing prevede di affidare gestione, custodia e trasporto degli attrezzi a strutture già operative sul territorio nella gestione del verde e dei rifiuti, come le cooperative sociali. Questo è un valore aggiunto importante che, oltre a rispondere alle necessità logistiche del servizio, integra gli obiettivi ambientali con quelli sociali, offrendo anche ai comuni più piccoli l’occasione di dare lavoro a realtà del proprio territorio.

Come pensate di comunicare l’esistenza di Composharing a nuovi utenti, oltre a quelli che già praticavano il compostaggio?

Ovviamente cerchiamo di farci vedere sui media, attraverso comunicati stampa, con il nostro sito e con la pagina Facebook, Anche al tempo dei social network, ci stiamo però rendendo conto che il contatto diretto con le persone rimane insostituibile, specie nelle piccole comunità. Essere presenti di persona con il nostro stand ai mercati e alle feste di paese è ancora indispensabile, così come promuovere il passaparola tra amici e vicini di casa.

Dopo gli incontri preparatori, avete già iniziato attività sul campo?

A brevissimo partiranno la prima esperienza di condivisione dell’attrezzatura e i corsi di formazione per i cittadini dei Comuni di SissaTrecasali, Sorbolo e Mezzani, grazie anche ad un finanziamento regionale reso possibile da uno specifico fondo previsto dalla legge sull’economia circolare.

Dopo l’esperienza con i primi Comuni, Composharing si sta allargando?

C’è un buon interesse tra le amministrazioni, siamo già partiti con la progettazione partecipata e i primi incontri con la cittadinanza nei comuni dell’Unione Pedemontana Parmense (Collecchio, Sala Baganza, Felino, Traversetolo, Montechiarugolo). In questo caso, su richiesta delle amministrazioni, stiamo lavorando anche sull’adeguamento dei regolamenti comunali, dal momento che offriamo un servizio flessibile e adattabile alle varie situazioni ed esigenze. Stiamo poi lavorando per attivare quanto prima il progetto nel Comune di Parma, una realtà urbana da quasi duecentomila abitanti che costituirà una sfida stimolante.

Quali sono le aree di miglioramento di Composharing su cui pensate di dover lavorare nel futuro prossimo?

Ad oggi stiamo ancora riscontrando scarsa interazione sulle nostre pagine web, e questo è ovviamente un aspetto da migliorare se vogliamo che il compostaggio diventi una pratica più diffusa, soprattutto tra i cittadini più giovani. Inoltre prevediamo l’attivazione di una piattaforma digitale per la prenotazione dei servizi e delle attrezzature, per cui la nostra capacità di comunicare online sarà da sviluppare nel breve/medio periodo.

Ultima ma non ultima, la domanda più ovvia: quanto costa, e chi paga?

Composharing nasce per produrre risparmi, non costi aggiuntivi. Leggendo i piani economico finanziari per la gestione comunale dei rifiuti, la raccolta tradizionale del verde con  cassonetti costa circa 13-15 Euro all’anno per abitante, mentre il nostro progetto ne costa al massimo 2,50. Promuovere il compostaggio e coinvolgere nuove famiglie significa quindi non solo ridurre il nostro impatto ambientale, ma anche alleggerire la tariffa per tutti i Cittadini.

Rolando Cervi

 

Lascia un commento