L’odissea dei Lego arenati in Cornovaglia

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Sapevate che nel 1997 la nave cargo “Tokyo Express”, diretta a New York, fu investita da una grande onda al largo della Cornovaglia, che rovesciò in mare 62 container contenenti pezzi di Lego? A quasi vent’anni di distanza, ancora oggi sulle coste della penisola a sud-ovest della Gran Bretagna si ritrovano alcuni celebri mattoncini colorati, “sopravvissuti” a quel naufragio. Tant’è che Tracey Williams, scrittrice e attivista del posto, ha deciso di diventare una beachcomber, ossia una persona che fruga la spiaggia alla ricerca di oggetti abbandonati. Praticamente ogni giorno, Tracy raccatta tra gli scogli e la sabbia del litorale modellini in scala di mostri marini o piccoli pirati, trasportati dalle correnti dell’oceano, ricoperti da alghe e salsedine.

La signora Williams ha così deciso di aprire una pagina Facebook, chiamata Lego Lost at Sea, in cui raccoglie fotografie e testimonianze sull’odissea dei Lego spiaggiati, per sensibilizzare i cittadini del mondo sulla salvaguardia dei mari dall’inquinamento da plastica: un materiale altamente durevole e nocivo per l’intera biosfera. Essa, infatti, può trasformarsi in trappole micidiali per la fauna acquatica che, oltretutto, sono soliti scambiarla per plancton, se sbriciolata in tante particelle. Occorre sapere che la plastica di origine petrolchimica, anziché biodegradarsi viene spezzettata dalla luce solare in minuscoli frammenti, che percorrono la catena alimentare fino all’uomo.

lego

Tracy, inoltre, ha anche fondato l’associazione Newquay Beachcoming, finalizzata a ripulire la zona dai detriti di plastica distrattamente lasciati lungo la riva. Gli stessi buoni propositi si ritrovano nella Newquay Beach Care: un gruppo di volontari, sostenuta da Keep Britain Tidy, che organizza flah mob allo scopo di tenere pulite le zone limitrofe, aiutando altresì i negozi locali a ridurre gli imballaggi.

 

Fabio Dellavalle

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