Guerrilla Marketing: una risorsa per la comunicazione?

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di Andrea Stecich

 
Mercato coperto di Valencia. Ore 9. Sguardi attenti scrutano i pomodori, più cari del solito, e restano affascinati dai colori accesi dei tessuti e dei vestiti. Ad un tratto, il macellaio comincia a cantare un’aria sventolando la mannaia, seguito a ruota dal fruttivendolo, e poi il formaggiaio, il mercante di tessuti, il fioraio e così via. La musica e i canti si diffondono sempre di più sotto la copertura del mercato. Alcuni passanti, stupiti ma compiaciuti, canticchiano il motivo dell’opera classica.

Ecco un esempio di guerrilla marketing, organizzato dall’Opera di Valencia per promuovere i propri spettacoli. In gergo si parla di flash mob ed è uno degli aspetti più interessanti (e meno invasivi) del guerrilla marketing. Di fatto, il nome richiama subito alla mente l’idea di guerriglia urbana: lo scopo è conquistare, quartiere dopo quartiere, l’attenzione di tutti su un determinato argomento. I metodi sono numerosi, spesso originali e al limite della legalità: adesione di stickers, manifesti, stencils in grandi quantità e su tutte le superfici disponibili (pavimentazioni, muri, portici, vetrine), realizzazione di flash mobs e campagne web virali. Se poi il messaggio è capace di sconvolgere il passante, magari dissacrando i consueti codici culturali e visivi, l’esito può essere esplosivo.

L’argomento è curioso e suscita interesse, tanto che l’associazione Fitzlab di Torino ha voluto organizzare un incontro d’approfondimento sul tema. Al tavolo dei relatori Luisella Carnelli (Fitzcarraldo), Carolina Lucchesini (co-fondatrice di Officine Corsare) e Nicola Facciotto (Kalatà). Ci spiegano che questa interpretazione del marketing, nata nel 1984, intende andare oltre la comunicazione tradizionale tramite due vie: l’originalità spiccata, fino alla rottura delle regole, e l’invasività virale. Con queste armi, l’efficacia della comunicazione tradizionale viene potenziata raggiungendo (con un metodo attivo) un numero davvero consistente di cittadini. Questa “potenza di fuoco” fuori dall’ordinario ha un prezzo: generalmente, una campagna di guerrilla marketing costa di più di una tradizionale, perché ai costi della comunicazione di base (di cui non può fare a meno) si sommano quelli tipici del guerrilla marketing, che spesso possono richiedere adesivi, stencils, flyers o cartoline in centinaia o migliaia di copie.

A fronte, invece, della positiva esperienza rappresentata da Officine Corsare (su un tema di natura socio-politica), sorge spontanea quindi una domanda: quale applicazione possiamo immaginare nel campo della comunicazione ambientale? I nostri relatori, su questo punto, non si pronunciano, vista la complessità e la variabilità applicativa dell’argomento. Non è certo facile darne un giudizio. Tuttavia, se nel settore culturale, per sua natura fortemente creativo, è tollerato un approccio non convenzionale alla promozione e alla comunicazione, nel settore dell’informazione ambientale le condizioni sembrano essere generalmente diverse, limitando il numero di strumenti a disposizione di un approccio di guerrilla marketing. Tra questi, il flash mob e la campagna web virale, se opportunamente studiati di caso in caso, rappresentano validi strumenti per rendere indimenticabile e condivisa con la cittadinanza una campagna comunicativa su argomenti di tutela ambientale. In sintesi, il guerrilla marketing rappresenta un valore aggiunto per ogni campagna di informazione, ma deve essere declinato in modo opportuno a seconda del campo d’applicazione, in particolare per quello della comunicazione ambientale, come ben rappresentato dalla campagna di sensibilizzazione sulla raccolta dei rifiuti “Beautify Your City”, realizzata dalla Città di Auckland (Nuova Zelanda).

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