Alcune notizie arrivano come dissonanze cognitive nella ratio della transizione energetica. Come urli senza fiato, vengono facilmente non ascoltate, non inserite a pieno titolo nel discorso sul futuro del pianeta. Queste voci dai territori, sembrano spesso problemi minori lungo la strada verso un mondo decarbonizzato e più green.
Eppure esistono. Sono bias che prendono la forma di conflitti ambientali, di lotte per il diritto alla terra.
L’Environmental Justice Atlas documenta moltissimi di questi conflitti, così tanti che è spontaneo pensare che siano una grande fetta di mondo esclusa dall’essere “più sostenibile”, nella strada verso la transizione energetica.
Evidente per chi è coinvolto in conflitti per attività minerarie: solo l’EJ Atlas mostra 831 casi. Tra questi, un protagonista è spesso il litio. Un minerale molto utile per l’immagazzinamento dell’energia rinnovabile. Ma se il litio è necessario nelle batterie, per chi è davvero sostenibile?
Sustentavel para quem? si chiedeva, infatti, il MAM-Movimento pela Soberania Popular na Mineração in un articolo del 2023.

Il litio non si rigenera, non si rinnova naturalmente. Inoltre, essendo una materia prima essenziale, spesso resta sotto il controllo di imprese estere che dopo qualche anno di lavoro, lasciano ai territori mali comuni: abbandoni industriali, disoccupazione, terre impoverite, fiumi inquinati e scarsità idrica.
E allora il litio di chi è?
“O litio è do povo” – “Il litio è del popolo”.
Molte comunità brasiliane stanno urlando questo messaggio. Qui racconteremo di una regione fra tante: la Valle dello Jequitinhonha e Mucurì, in Minas Gerais. Una regione che da secoli è stata scavata, filtrata dei suoi minerali, pietre, beni comuni e che ora sta sgomitando per cambiare questa storia. Alle comunità tradizionali, si unisce la comunità scientifica della regione:
Pertanto, la narrazione egemonica della transizione energetica è un aggiornamento delle dinamiche strutturali di riproduzione del sistema-mondo moderno-coloniale, creando opportunità di accumulazione tramite espropriazione che generano inesorabilmente violazioni e violenza contro spazi e gruppi esclusi, creando zone di “sacrificio verde”, con la produzione di ingiustizie ambientali, geografiche e sociali.
Molti sono i papers e i congressi che hanno messo al centro la questione estrattivista in Minas Gerais. L’Observatório dos Vales e do Semiárido Mineiro della UFVJM (Universidade Federal dos Vales do Jequitinhonha e Mucuri) da anni sta monitorando e studiando in profondità l’attività mineraria nella regione.
Il loro lavoro è fondamentale per svelare il neo-estrattivismo e neo-colonialismo dietro i progetti di sviluppo regionale e far sì che le comunità abbiano la giusta considerazione al tavolo delle decisioni.
Ciò che succede in Minas Gerais è importante, a livello concreto e simbolico.
Queste notizie hanno la capacità di inserirsi come una spada affilata nel discorso ambientalista dominante, quello che definisce il cambiamento climatico e come va contrastato. Nel suo riflesso, è una spada che ci fa guardare allo specchio e vedere le rughe di un passato coloniale mai davvero superato: si sta riproponendo in chiave verde lo stesso estrattivismo alla base del rapporto tra l’Europa e le colonie, la stessa violenza, cifra del rapporto tra l’Occidente e il resto del mondo, i bianchi e i meno bianchi, il Nord e il Sud mondiale.
Violenza simbolica è relegare queste voci a dissonanze cognitive nel progetto virtuoso dello sviluppo sostenibile.
Immagine di copertina: Observatório da Mineração
