Clima e diritti: una svolta storica dalla Corte dell’ONU

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Il cambiamento climatico ha impatti devastanti sui diritti umani e gli Stati hanno l’obbligo giuridico di prevenirli, mitigarli e risarcirli.

Non è l’apertura di un saggio ambientalista né lo slogan di una manifestazione. È il cuore del parere consultivo emesso il 24 luglio 2025 dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU.

Un passaggio storico, atteso da tempo. Non vincolante nel diritto internazionale, ma fortemente simbolico e capace di indirizzare le politiche ambientali e sociali dei prossimi anni. Perché, nero su bianco, afferma che la crisi climatica non è solo una questione ambientale o economica: è una questione di giustizia.

Una giustizia chiesta a gran voce dal basso. A lanciare la proposta nel 2021 era stato Vanuatu, uno degli Stati insulari del Pacifico più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. La risoluzione è poi passata all’Assemblea Generale ONU nel 2023, con il sostegno di oltre 130 Paesi.

La Corte ha chiarito che:

  • gli Stati hanno l’obbligo, in base al diritto internazionale, di proteggere l’ambiente e i diritti umani dalle conseguenze del riscaldamento globale.
  • questi obblighi si applicano anche se un Paese non è il principale responsabile delle emissioni globali.
  • gli Stati che contribuiscono in modo significativo ai cambiamenti climatici possono essere ritenuti responsabili dei danni causati ad altri Paesi e ai loro cittadini.

Tra i diritti a rischio, la Corte menziona l’accesso all’acqua, alla salute, all’alimentazione e a una casa sicura. Tutti messi in pericolo da siccità, innalzamento del livello del mare e fenomeni meteo estremi.

Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), tra il 1970 e il 2021 i disastri legati al clima hanno causato oltre 2 milioni di morti e 4.300 miliardi di dollari di perdite economiche, e la frequenza e l’intensità di questi eventi sono in netto aumento negli ultimi anni.

Cosa cambia, concretamente?

Sebbene non vincolante, il parere della Corte può avere effetti tangibili:

  • influenzare le decisioni dei giudici nazionali, come già accaduto nei ricorsi climatici in Paesi Bassi, Francia e Germania;
  • guidare le politiche pubbliche dei governi, orientandole verso il rispetto dei diritti fondamentali;
  • rafforzare le cause intentate da comunità vulnerabili contro Stati e aziende, in particolare nel Sud del mondo

Come Envi.info, seguiamo da tempo il tema della giustizia climatica: un concetto che unisce ecologia e diritti umani, ambiente e responsabilità.

Anche la comunicazione ambientale ha qui un ruolo chiave: tradurre concetti giuridici e scientifici in consapevolezza collettiva. Questo parere è un tassello importante: non risolve, ma orienta. E chiede coerenza.

La strada è lunga, e il contesto geopolitico non sempre aiuta. Ma questa pronuncia apre uno spiraglio: rafforza l’idea che la transizione ecologica non è un favore che si concede, ma un dovere che si assume. Come cittadini, come Stati, come umanità.