Quando la protesta non basta più, parte la rivoluzione: XR

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XR, Extinction Rebellion, Ribellarsi all’Estinzione. Questo il nome, il programma del movimento ambientalista nato nell’ottobre del 2018 a Londra, oggi di dimensioni globali e diffuso in 28 stati. Il messaggio è semplice: i governi non sono in grado di contrastare efficacemente la crisi climatica, perché non adottano una visione a lungo termine, dunque è compito dei cittadini intervenire, attraverso azioni di disobbedienza civile, per portare dei cambiamenti tangibili.

Se oggi tantissime le persone che hanno preso parte alla “rivolta”, all’inizio, non si trattava che di un piccolo gruppo: pochi intellettuali e attivisti inglesi, riuniti per discutere di quale fosse il modo più efficace per contrastare la gravità della crisi climatica e ambientale. Il 31 ottobre 2018, una prima massa critica si è riunita nella Piazza del Parlamento britannico per annunciare una “Dichiarazione di Ribellione” nei confronti del governo. Ci si attendeva 200 persone, ne sono arrivate 1500. In poche settimane, i ribelli erano oltre 6000 e le azioni dimostrative sempre più d’impatto: cinque dei più importanti ponti sul Tamigi sono stati bloccati, i manifestanti hanno piantato alberi nelle principali piazze della capitale britannica, si sono incatenati ai cancelli di Buckingham Palace mentre leggevano una lettera indirizzata alla Regina. Da nazionale, in breve la rivolta è diventata internazionale, e nel mese di aprile 2019 erano centinaia di migliaia le persone, in tutto il mondo, che hanno aderito alle “settimane dei ribelli”.

Il simbolo del movimento è una clessidra inscritta in un cerchio, come un richiamo al tempo che passa, velocemente e inesorabilmente, mentre nessuno agisce. I militanti del movimento definiscono la situazione attuale – con l’appoggio dichiarato di molti scienziati di tutto il mondo, che da tempo pubblicano indagini, studi e rapporti dai toni allarmisti – una vera e propria “emergenza”, dalla quale ormai si può uscire solo attraverso azioni estreme. Di fatto, XR, come altri movimenti radicali nati negli ultimi anni, rifiuta l’approccio tradizionale delle associazioni e i gruppi ambientalisti e mira a sensibilizzare piuttosto attraverso lo shock e la sorpresa. I cosiddetti die-in di massa (i manifestanti si gettano a terra fingendo di essere morti), gli assalti alle sedi delle multinazionali che fanno uso dei carburanti fossili, i boicot sono solo alcuni esempi, di un comportamento collettivo che, per attirare l’attenzione, per comunicare, si spinge anche a violare le leggi.

Attenzione però, violare le leggi non significa diventare violenti: sul sito web ufficiale del movimento si legge infatti che la filosofia di XR si basa essenzialmente su azioni di disobbedienza civile non violenta. La ribellione è necessaria, perché ogni rivoluzione inizia da una rivolta di un gruppo, minoritario, che non può accettare lo status quo. Il movimento è grassroots, ovvero parte dal basso e vuole stimolare innanzitutto la riflessione e in seguito, l’azione. Quest’ultima è organizzata, coordinata e comunicata, quando possibile (cioè, quando non si cerca l’effetto sorpresa), alle forze dell’ordine e le istituzioni, così da evitare il più possibile eventuali escalation di violenza.

Leggendo questa descrizione, fino ad ora, si potrebbe essere portati ad assimilare questo movimento ad altri, come Occupy Wall Street, che hanno divampato velocemente ottenendo molta visibilità, ma che poi si sono spenti altrettanto rapidamente a causa della mancanza di proposte programmatiche, o un’organizzazione chiara. In realtà, XR ha cercato di fare tesoro di queste esperienze e, sempre sul sito web, chiarisce gli aspetti organizzativi, così come l’obiettivo specifico delle azioni intraprese. Il movimento è diviso in piccoli gruppi operativi, che fanno riferimento ad un vertice strategico; di fatto si tratta di un network che agisce coordinando necessità diverse e che cerca di essere reattivo rispetto al contesto esterno, ma anche di rispettare la collegialità delle decisioni.

L’obiettivo generale è ottenere visibilità ed essere ascoltati: le azioni dei manifestanti, fin dall’inizio sono state coordinate in maniera estremamente strategica. Si è supposto che, le autorità, di fronte a dimostrazioni di disobbedienza civile si troveranno di fronte a un bivio: da una parte la non-azione, con il rischio che la rivolta si ingrandisca, dall’altra l’azione repressiva, che però aumenta la visibilità, così come la solidarietà, nei confronti del movimento. Nell’impossibilità di prendere una decisione, l’unica opzione viabile per le istituzioni diventerà la trattativa, ovvero il compromesso.

E qui entra in gioco l’obiettivo specifico dell’organizzazione: ovvero, la creazione di un’Assemblea Cittadina, una rappresentanza della società civile che, non guidata da logiche politiche, ma estratta a sorte, riesca ad agire neutralmente con lo scopo di elaborare delle proposte radicali di cambiamento per risolvere, o per lo meno affrontare, la crisi climatica. Tale assemblea si rinnoverebbe periodicamente e permetterebbe una progettualità su lungo termine, volta alla garanzia del rispetto l’interesse generale, e non particolare.

Infine, potremmo considerare XR e le sue azioni veicoli di comunicazione ambientale? Tendenzialmente sì. Per quanto i metodi siano anticonvenzionali e l’attività di comunicazione non molto strutturata, il movimento mira alla sensibilizzazione di tutte le fasce della popolazione. Attraverso l’impatto emotivo, la visibilità mediatica, esso è stato in grado di coinvolgere migliaia di persone comuni, cittadini come tanti altri che hanno abbracciato con entusiasmo la causa climatica e si fanno portavoce del messaggio ambientalista.

Di Anna Filippucci

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