La città dell’automobile può diventare la città della bici?

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Domenica 9 maggio, a Torino si è svolta una manifestazione unica nel suo genere: il Bike Pride. Quest’anno intitolata “Pedala per il clima”, l’iniziativa ha voluto inserirsi nell’onda lunga delle proteste sulla gestione della crisi climatica avviate dalla piccola Greta Thunberg.

Ma non è la prima volta che il Bike Pride invade le vie del centro della “città più inquinata d’Europa”: da ormai 10 anni chi crede nella mobilità sostenibile, si ritrova puntualmente, in primavera, al parco del Valentino e sfila per le vie del capoluogo, per mostrare che un’alternativa alle auto (e le emissioni in quantità massiccia di CO2) è possibile (e divertente).

Come tutti i pride che si rispettino, anche questo si svolge da sempre all’insegna del divertimento, la festa, l’originalità e i colori sgargianti: bici di tutti i tipi, dai cargo, al monociclo, al tandem, alle bici d’epoca, alle bici elettriche, le bici dalla forma e l’utilizzo insospettabile, in altre parole, mezzi di trasporto che non producono alcun tipo di emissione. Uomini, donne, bambini (e cani) sono tutti partecipi allo stesso modo e felici di far sentire il suono dei loro campanelli, come un’unica voce, all’insegna di una rivoluzione green.

Rispetto alle edizioni passate, quella del 2019 si è mostrata un po’ sottotono: colpevole la pioggia, che fin dalle ore 15 (orario di partenza) minacciava la riuscita della manifestazione. Nonostante l’evidente freno alla partecipazione, 2500 persone hanno comunque deciso di inforcare la bici, muniti di mantella, ombrello o k-way e presentarsi al parco del Valentino, dove gli organizzatori hanno poi dato il via alla pedalata. Il giro, di circa una decina di km quest’anno si è snodato tra il Po e la Dora, passando per alcuni dei corsi principali della città di Torino quali c.so Vittorio, c.so San Maurizio, c.so Regio Parco, c.so Palermo, c.so Moncalieri e Via Bologna.

Rispetto al fenomeno delle 150000 persone che, in media, ogni anno partecipano, sicuramente quest’anno il Bike Pride ha avuto un impatto minore: tuttavia è impossibile smentire l‘atmosfera unica e la magia di percorrere i luoghi più trafficati (e pericolosi) di Torino senza l’ombra di una macchina. Forse è proprio quest’elemento di straniamento che rende la manifestazione così efficace: rende possibile l’immaginarsi una città in cui le auto non sono le protagoniste indiscusse e si palesa un tipo di mobilità alternativa, sicuramente più sostenibile e piacevole.

L’associazione Bike Pride, affiliata alla Fiab Torino, è nata nel 2013, come un gruppo di amici, attivisti che, unendosi, hanno creato un gruppo di interesse; ormai da anni, esso esercita un importante potere di lobbying proponendo costantemente delle migliorie alla viabilità, così da renderla più accessibile per i ciclisti.

La città dell’automobile può diventare la città delle bici? Potrebbe, e sicuramente dovrebbe, considerati i dati allarmanti sull’inquinamento atmosferico derivante da emissioni di auto pubblicati dall’Agenzia Europea dell’Ambiente. Paradossale, ma anche profetica forse, la situazione alla partenza della manifestazione: all’imbocco della parte pedonale del parco, spiccava infatti (e spicca tuttora) uno striscione recante le parole “Torino Motor Show”, in riferimento ad un evento futuro, ovvero un salone di moto e auto il cui allestimento è ancora in corso e che si svolgerà proprio nel parco del Valentino. Nelle foto della partenza di domenica è impossibile non associare invece quella frase alla biciclettata: le gambe che si muovono a ritmo diventano il motore, l’energia che produce uno “show” decisamente alternativo e controcorrente.

Il fine ultimo dell’associazione Bike Pride è la comunicazione ambientale, in tante forme diverse. Innanzitutto, per il dialogo costante con l’amministrazione, a seguire per le iniziative svolte nelle scuole, infine per l’organizzazione della manifestazione stessa, che rappresenta un grido comune di protesta contro chi non vuole (o più semplicemente non è in grado di) rendere la città un posto vivibile, percorribile e piacevole per tutti coloro che scelgono un mezzo senza motore per spostarsi quotidianamente.

Di Anna Filippucci

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