In “giretto” per l’Italia

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di Silvia Musso

Ogni anno in Italia gli abitanti delle città perdono due settimane intere di vita in auto, quasi sempre da soli e a una media che non supera mai i 25 km all’ora. A Roma ci sono 76 auto ogni 100 abitanti contro le 64 a San Francisco, le 57 a Los Angeles, 45 a Parigi, 36 a Londra, 27 a Tokio. Nel nostro paese solo il 3,8% degli spostamenti totali è fatto in bicicletta. In Olanda il 27%, in Danimarca il 18%, in Germania il 10%, in Finlandia il 7,4%. In pochi usano dunque la bici, mezzo di trasporto che potrebbe essere molto più veloce ed efficace, ma che nelle nostre città risulta essere anche alquanto pericoloso per le condizioni urbane proibitive e la mancanza o l’inadeguatezza di piste ciclabili.

A fronte di questi dati Legambiente, Città in Bici (Coordinamento Nazionale Uffici Biciclette – A21Italy) e FIAB Federazione Italiana Amici della Bicicletta, hanno organizzato, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente il “Giretto d’Italia”.
Il nome riduttivo non deve ingannare: cela in realtà un’iniziativa interessante e innovativa per promuovere la ciclabilità urbana.
Si tratta di un vero e proprio campionato tra 27 comuni italiani impegnati a favorire la mobilità ciclabile urbana. Vince la sfida la città dove, in occasione del Giretto d’Italia, il maggior numero di persone si sposta in bicicletta.

La gara è prevista per martedì 3 maggio tra le 7.30 e le 9.30. Ogni Comune organizza tre check-point in tre zone diverse della città per monitorare veicoli e pedoni in transito. Le città si sfideranno tra loro divise in tre gironi – Grandi Città, Città Medie e Città Piccole, a seconda del numero di abitanti. Ogni girone avrà una città vincitrice. La premiazione verrà effettuata domenica 8 maggio a Roma presso il Ministero dell’Ambiente nell’ambito della Giornata nazionale della bicicletta arrivata alla sua seconda edizione.

Il Giretto d’Italia vuole dimostrare che nelle città italiane la bicicletta può soddisfare una parte importante della domanda di mobilità urbana. Il fine ultimo di Giretto d’Italia è presentare esperienze locali positive affinché assumano una dimensione nazionale dimostrando agli altri Comuni che una mobilità dolce, diversa, più sana, più sostenibile e sicura è possibile.

Lo svolgimento dell’iniziativa sarà seguito dal Corriere della Sera, attraverso pagine dedicate su www.corriere.it dove saranno raccolti e pubblicati i racconti dei tragitti urbani fatti in bicicletta dai lettori del quotidiano e le fotografie che documentano le avventure urbane dei ciclisti.
Legambiente assegnerà due premi: uno al miglior racconto della tappa cittadina inviato dai lettori, e un altro alla miglior foto.

Ambasciatore di questa edizione è Diego Marani, scrittore ferrarese (tra i suoi libri “La Bicicletta Incantata”) e funzionario presso il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea a Bruxelles, dove si occupa di cultura e promozione del multilinguismo, che ha risposto alle nostre domande.

Per quale motivo ha deciso di accettare la proposta di essere ambasciatore del primo campionato italiano Giretto d’Italia?
«Perché ho sempre amato la bicicletta, ci sono cresciuto sopra. Da noi le biciclette non sono solo strumento di sport. Anzi lo sport viene dopo. Il Giretto d’Italia mi sembra una bella iniziativa che merita attenzione e diffusione. La bicicletta non è solo grande evento e business. E’ anche uno strumento di vita quotidiana».
Quale valore ha per lei la bicicletta?
«E’ sempre stata una presenza costante della mia vita. Il primo regalo importante quando ero bambino e poi la nuova bicicletta quando ero più grande. La bicicletta è un giocattolo prima e un compagno poi. E’ uno strumento identitario. Da noi ognuno si concia la sua bicicletta come gli piace e con il modo in cui la tratta comunica qualcosa di sé. Quando ero ragazzo al paese nessuno avrebbe mai rubato una bicicletta. Era una cosa troppo personale, quasi intima. Sarebbe stato come rubare le mutande a qualcuno. La mia bicicletta, quella che tengo al paese, ha anche un nome. Si chiama Al Biciclòn. E’ color ciclamino, ha il fanale dentro una gabbietta per piccioni, per non farlo scappare, un ciuffo di plastica colorata sul manubrio e una ciabatta infradito avvitata sul parafango. Chi mi cerca in paese non ha bisogno di telefonarmi. Basta che guardi dov’è la mia bicicletta».

Da un punto di vista culturale cosa significa promuovere l’uso della bicicletta in città?
«La bicicletta non è solo un mezzo di trasporto ecologico, ma è anche un modo per vedere diversamente i luoghi in cui si vive. La bicicletta dà il tempo di sentire gli odori, i rumori di una strada, la sua vita pulsante. Ci sono distanze in città che si possono facilmente percorrere in bicicletta, usandola come mezzo di trasporto e non come strumento sportivo. Detesto quei falsi atleti che schizzano per le strade in tenute sportive come se fossero in una gara. Non sono ciclisti quelli, ma pirati della strada su due ruote. Il ciclista cittadino, quello vero, non suda. Pedala piano e quando è necessario, passa anche in mezzo ai pedoni, ma senza spaventarli. Ma perché l’uso della bicicletta in città abbia senso, servono piste protette. Serve una viabilità che tenga conto del ciclista e un cambiamento dei comportamenti. I ciclisti stessi non dovrebbero mai dimenticare che la loro bicicletta è comunque un veicolo a tutti gli effetti e come tale va usata».

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