L’informazione ambientale imbavagliata

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di Silvia Musso

È da diverse settimane che la posizione di Legambiente nei confronti del testo di legge sulle intercettazioni è emersa chiaramente. Testate giornalistiche nazionali così come blog in Internet hanno dato spazio alle opinioni dell’associazione ambientalista italiana per antonomasia, secondo cui questo ddl andrebbe a favorire le ecomafie perché solo le intercettazioni hanno permesso di scoprire e bloccare alcuni pericolosi traffici di rifiuti industriali gestiti dalla criminalità organizzata insieme a colletti bianchi senza scrupoli.
Prendendo spunto da queste considerazioni, la nostra redazione ha voluto approfondire la questione con una particolare attenzione all’aspetto comunicativo e al diritto del cittadino ad accedere a informazioni di tipo ambientale. Ecco come Antonio Pergolizzi, coordinatore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, ha risposto alle nostre domande.

È stato più volte sottolineato da Legambiente come il ddl intercettazioni potrebbe favorire le ecomafie. Restando sul tema ambientale ma concentrandoci sugli aspetti comunicativi ritiene che un tale testo andrebbe a porre un bavaglio alla comunicazione ambientale?
Il decreto è nefasto prima di tutto per le attività di indagine.Quello delle ecomafie è l’unico delitto ambientale riconosciuto dalla legge italiana, e uno strumento investigativo come quello delle intercettazioni è spesso l’unico mezzo per poter arrivare a scoprire il coinvolgimento di colletti bianchi e politici in attività criminose. L’impossibilità di utilizzare questo strumento investigativo è un vero e proprio regalo alle ecomafie. Un’altra conseguenza nefasta della legge sarebbe poi l’impossibilità di raccontare ai cittadini gli scempi ambientali e le attività criminali ambientali che succedono intorno a loro. Non intendo dire che le intercettazioni siano l’unico strumento investigativo, ma la loro abolizione penalizzerebbe non solo le indagini, ma anche l’accesso alle informazioni, da parte dei cittadini, riguardo ai traffici illeciti dannosi per l’ambiente. Si pensi ad esempio alle conseguenze degli smaltimenti di rifiuti tossici in mare o nei fiumi e a quali conseguenze comporterebbero per la salute dei cittadini ignari di tutto. Questa legge sarebbe quindi un colpo mortale anche per l’informazione ambientale.

Secondo lei è esagerato affermare che questa legge potrebbe andare contro la convenzione di Aarhus e quindi contro il diritto all’informazione ambientale sancito a livello internazionale?

Assolutamente no. Lo scopo della legge è palese: garantire l’impunità ai colletti bianchi. La privacy non c’entra. Si tiene il cittadino all’oscuro in nome della privacy. Ma è meglio preferire la tutela della salute dei cittadini e il loro diritto ad accedere all’informazione o la tutela della privacy? Si potrebbe intervenire per regolare le modalità con cui le intercettazioni vengono diffuse, ma sottrarre questo strumento alle indagini avrebbe conseguenze deleterie sia per le inchieste sia per il diritto del cittadino ad accedere alle informazioni ambientali. Questo diritto è sancito a livello internazionale dalla Convenzione di Aarhus, ma in assenza di sistemi sanzionatori, le convenzioni internazionali risultano spesso inefficaci. È un problema generale di tutte le convenzioni.

Nel caso di approvazione della legge quali strumenti potranno avere i cittadini desiderosi di accedere a informazioni ambientali?
In questo senso non ci saranno grandi cambiamenti. I cittadini possono rivolgersi e interloquire con associazioni, operatori delle forze dell’ordine, come adesso. Sicuramente gli organi di informazione subirebbero grosse limitazioni e quindi i cittadini che vorranno avere informazioni dovranno essere molto più attenti. I cittadini non devono aspettare di essere informati, non devono essere spettatori, ma diventare attori e porre più attenzione del solito a cosa succede intorno a loro. È necessario creare una cittadinanza attiva. Si pensi che molte inchieste ambientali sono state avviate proprio grazie alle segnalazioni di cittadini responsabili. I cittadini devono essere attivi e più attenti del solito perché il problema è proprio questo: il cittadino che viene tenuto lontano dalle informazioni non ha modo di sviluppare una consapevolezza ambientale.

Il testo, che approderà in aula alla Camera il prossimo 29 luglio, sta scatenando una forte resistenza nell’opinione pubblica e tra i media. Il 9 luglio è stato infatti indetto lo sciopero della stampa a cui anche la redazione di Envi.info ha deciso di aderire.

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