Perchè non si riesce mai a parlare di rifiuti e del loro smaltimento in maniera costruttiva?

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Rifiuti, li stiamo raccontando bene?

Questo il titolo di un interessante dibattito che ha preso vita in una talk in diretta sulla pagina Facebook di Ricicla tv: l’interrogativo mette in luce un problema relativo all’efficacia della comunicazione istituzionale sul tema del trattamento e smaltimento dei rifiuti a livello italiano. La discussione, mediata dal giornalista Luigi Palumbo ha visto intervenire diversi soggetti interessati alla gestione dei rifiuti, in particolar modo nella città di Napoli e nella cosiddetta “Terra dei fuochi”; in primis l’Assessore all’Ambiente del Comune di Napoli, Raffaele Lo Giudice, seguito da Giovanni Corbetta, Presidente del Consorzio Ecopneus, che si occupa di riciclo e smaltimento degli pneumatici, il giornalista e scrittore Antonio Menna, originario della zona, ed infine Donato Berardi di “REF.Ricerche”.

L’ultimo ospite è in realtà in parte ideatore del dibattito, in quanto è stato proprio a partire dai risultati di un’inchiesta realizzata in Italia da REF.Ricerche, società indipendente di ricerca che fornisce servizi di consulenza ad aziende e istituzioni, che è stato strutturato l’incontro. La ricerca ha messo infatti in luce alcuni problemi relativi alla ricezione delle informazioni sui rifiuti e il loro trattamento: in poche parole, c’è qualcosa che non funziona nel modo di comunicare questi temi ai cittadini.

Due fenomeni in particolare, che si verificano durante il processo cognitivo e sono responsabili di questa difficoltà, risultano molto diffusi: il primo è il cosiddetto NIMBY (Not In My Backyard), definito nel paper come “la volontà dei cittadini di affrancarsi da un tale argomento, relegandolo ai margini della quotidianità”; il secondo è invece un bias cognitivo “primitivo” “che ci porta ad essere naturalmente inclini a preferire qualsiasi decisione che allontani da noi il tema dei rifiuti”. In pillole, si tratta di due meccanismi mentali che fanno prevalere la risposta emotiva rispetto a quella razionale. I rifiuti provocano un senso di repulsione, sono considerati dai più come qualcosa di disgustoso e da allontanare in tutti i modi, uno scarto, e non, al contrario, una possibile risorsa. Inoltre, come evidenzia la ricerca, essi provocano anche un senso di pericolo percepito: le associazioni mentali rifiuti-criminalità organizzata, rifiuti-danno per la salute hanno infatti causato un crescente senso di ansia o addirittura angoscia nei cittadini, i quali stentano quindi a parlare razionalmente di questi temi perché li considerano una specie di tabù. Associata a queste sensazioni negative, vi è inoltre un’evidente diffidenza nei confronti delle istituzioni pubbliche e le aziende che si occupano del tema dei rifiuti e del loro smaltimento; i fenomeni di collusione molto diffusi per tanti anni tra questi enti e la criminalità organizzata non hanno certo contribuito positivamente alla creazione di un rapporto di fiducia e ascolto reciproco.

Raffaele Del Giudice evidenzia come la difficoltà degli amministratori di oggi derivi proprio dalla cattiva gestione precedente: a partire dagli anni ’90, quando viene coniato per la prima volta il termine “Ecomafie” e cominciano i commissariamenti delle terre, i cittadini si appropriano progressivamente di un discorso di denuncia nei confronti degli enti preposti alla gestione dei rifiuti e dei loro rapporti equivoci con la malavita. Il tono polemico dei protestatari non è tuttavia diminuito quando, con il cambio progressivo delle amministrazioni locali, le cose sono migliorate; il problema è che non si è lavorato a sufficienza per costruire una consapevolezza basata su informazioni verificate e una buona conoscenza diffusa del tema dei rifiuti e la loro gestione. Insomma, si tratta effettivamente di un problema di comunicazione, ma in primis di un problema di informazione: le conoscenze dei cittadini si basano su ricerche effettuate in rete, spesso imprecise o non verificate. La confusione causata dal flusso continuo di informazioni non permette all’utente di vederci chiaro e il risultato è una forte superficialità delle opinioni sul tema.

Uno dei modi che permettono di comunicare efficacemente un progetto di riciclo dei rifiuti, è quello di mostrarne ai cittadini dei risultati concreti e positivi per il loro quotidiano. Il Presidente di Ecopneus racconta dell’entusiasmo dimostrato dagli abitanti del quartiere di Scampia a Napoli quando il consorzio ha rifatto la pavimentazione del parco giochi per i bambini riutilizzando degli pneumatici: “quando gli utenti possono toccare con mano le conseguenze di un buon lavoro sono molto riconoscenti”. Tuttavia, a questa reazione positiva segue invece, paradossalmente, una forte diffidenza per la realizzazione degli impianti utili per conseguire buoni risultati nel riciclo/trattamento dei rifiuti. Anche in questo caso, si tratterebbe di una scorciatoia cognitiva: di fatto, la “pigrizia” nell’informarsi produce diffidenza nei confronti di qualsiasi novità la cui comprensione richieda uno sforzo. Tale diffidenza si rivolge prevalentemente alle istituzioni politiche locali: al contrario, i tecnici sono molto spesso apprezzati per la loro professionalità e capacità di garantirsi come mediatori tra enti decisionali e cittadini. Il problema è dunque a due livelli: il primo è quello della carenza di un’informazione consapevole, il secondo di una mancanza di fiducia nelle istituzioni.

Ma perché è così difficile costruire un dibattito sereno e condiviso su questi argomenti? Secondo Menna la colpa è distribuita a tutti i livelli. La paura dei residenti nella “terra dei fuochi” è nata nel momento in cui, appunto, i roghi e la distruzione hanno iniziato a devastare tutto, rendendo evidente una collusione tra amministrazione e organizzazioni criminali, o comunque la prevalenza di interessi privati sull’interesse collettivo. Attraverso la strumentalizzazione della paura, il dibattito è diventato propaganda e si è eccessivamente polarizzato su posizioni inconciliabili. Se la narrazione su questi temi assumesse un aspetto più scientifico e oggettivo, sarebbe possibile affrontare il dibattito con un approccio più costruttivo e privo di pregiudizi.

Insomma, riassumendo, c’è effettivamente un problema nella comunicazione sul tema dei rifiuti. Il retaggio del passato ha contribuito ad erodere sempre di più la fiducia dei cittadini nei confronti degli enti preposti alla loro gestione; allo stesso tempo, la mancanza di corretta informazione e la polarizzazione estrema del dibattito impediscono di individuare una soluzione condivisa. La chiave potrebbe allora essere la riscoperta dei tecnici che, supportando le scelte delle amministrazioni, garantiscano la buona fede e i risultati positivi degli interventi per un miglioramento nel trattamento dei rifiuti. Se poi il processo decisionale che porta all’implementazione di un progetto fosse reso più trasparente e chiaro e risultati positivi maggiormente evidenti, i cittadini potrebbero progressivamente riscoprire la fiducia nelle istituzioni e le aziende. Condivisione, assunzione di responsabilità, rispetto dell’etica e codificazione di un percorso giuridico più trasparente sarebbero quindi, ed è ciò che emerge nella conclusione del dibattito, le risposte necessarie per un miglioramento della comunicazione sul tema dei rifiuti e della loro gestione.

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