Gli ultrà delle Grandi Opere conoscono davvero la strada che porta al futuro?

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Era dai tempi della famigerata Legge Obiettivo, le cui cicatrici segneranno ancora per decenni il nostro territorio e i conti pubblici, che la retorica dell’”aprire i cantieri” non conosceva uno splendore paragonabile a quello delle ultime settimane. Innescato dalla vicenda TAV, e alimentato dalle difficoltà del PIL, l’ardore che chiameremo “cantierista” sta infiammando il dibattito politico-mediatico, con adesioni bipartisan degne di miglior causa. Sembrano ormai all’angolo, prossime al KO, le voci disposte a mettere in dubbio le virtù salvifiche del cemento e dell’asfalto come carburanti dell’ormai leggendaria ripresa, continuamente favoleggiata e puntualmente smentita dalla crudezza dei numeri.

Il futuro del Paese appare legato indissolubilmente all’urgenza di investire cifre mirabolanti di denaro pubblico in non meglio specificati cantieri, benchè la Banca d’Italia, non certo un covo di ambientalisti militanti, abbia chiarito nero su bianco che “il ritardo infrastrutturale del Paese non sembra riconducibile a una carenza di spesa. Le risorse finanziarie destinate agli investimenti pubblici nel nostro paese negli ultimi tre decenni sono in linea con quelle degli altri principali paesi europei, superiori alla media di Francia, Germania e Regno Unito, (…)”*

Il momento fondativo di questo rigurgito cantierista si può individuare nella manifestazione Sì TAV organizzata a novembre 2018 a Torino dalle famose Madamìn per sostenere a squarciagola qualcosa che, per loro stessa ammissione, conoscevano sommariamente**. Non è certo un fatto isolato: sono molti i casi in cui le voci favorevoli alle infrastrutture pronunciano dei “sì a tutto” di sapore novecentesco, futurista, associando senza alcuna valutazione di merito calcestruzzo e catrame a sviluppo e progresso.

Tra i sostenitori delle infrastrutture, che generalmente si dichiarano tali tout court, più che approfondire la discussione su singoli progetti, è abitudine evitare il confronto e delegittimare le voci contrarie, apostrofandole come “quelli della decrescita”, “quelli che dicono no a tutto”. Questa vulgata, ampiamente diffusa, viene regolarmente smentita dai fatti, dal momento che la gran parte dei movimenti critici si occupano specificatamente di un progetto, affinando nel tempo le loro tesi sulla base di dati, studi e consulenze scientificamente solidi. È invece tipico delle voci favorevoli, solitamente alimentate da interessi economici, opportunismi politici e con l’entusiastica grancassa di buona parte dei media, supportare le proprie tesi con considerazioni generiche e con largo uso dell’avverbio “ormai”.

Questa dell’”ormai” è un’argomentazione diffusissima, apparentemente di buon senso, ma che in realtà di solito nasconde un siderale vuoto di idee: più che discutere di impatti e benefici finanziari, ambientali e sociali a partire da studi autorevoli e dati concreti, si preferisce per lo più liquidare ogni dubbio con formule come “ormai il progetto è approvato, non si può più fermare” o “ormai costerebbe più tornare indietro che terminare l’opera”.

Eppure, è ancora la Banca d’Italia ad ammonire che “In assenza di una valutazione sistematica dei costi e dei benefici dei singoli progetti non c’è garanzia che quelli approvati rappresentino la soluzione più efficiente e funzionale al conseguimento degli obiettivi dell’intervento pubblico”*.

È un monito che il mondo dell’informazione dovrebbe fare proprio: anziché fare da megafono ai rispettivi slogan, il dovere dei media sarebbe di sfidare le parti in causa, chiedendo loro di supportare con fatti e dati le proprie argomentazioni, per poi verificarle con un accurato fact checking. Solo così i cittadini potrebbero farsi un’idea compiuta delle ricette che vengono proposte per il futuro, e della loro credibilità rispetto alle sfide che i prossimi decenni ci mettono di fronte.

 

*L’efficienza della spesa per infrastrutture – Banca d’Italia – giugno 2012

**la Madamin Patrizia Ghiazza a “Otto e Mezzo”: “«non siamo, né io né le altre persone che hanno organizzato (…), competenti per poter entrare nel merito» link min 2’20

Di Rolando Cervi

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