Green Branding, strategie per una comunicazione ecosostenibile: intervista a Luca Garosi

| scritto da | ,

Fresco di stampa, da poche settimane è uscito nelle librerie “Green Branding, strumenti, consigli e strategie per una comunicazione ecosostenibile”. A scrivere il libro è il giornalista e docente universitario Luca Garosi, attualmente è caporedattore a Rainews nella redazione di Televideo nonché l’autore di greenwords.blog.rainews.it. Per saperne di più e per chiedere l’opinione di Garosi sulla comunicazione ambientale, lo abbiamo intervistato.

Come definiresti la “comunicazione ambientale”?

In generale la comunicazione non deve essere considerata come un semplice passaggio di informazioni, perché in realtà serve a costruire, a legare ed a mettere in comune. Per questo, sebbene abbia molti legami con la pubblicità e il marketing, si differenzia considerevolmente da questi settori. Per rispondere a questa domanda mi aiuto con qualche concetto che prendo in prestito da quelli che ha usato Giuseppe Lanzi nella prefazione al mio libro.

Siamo in una fase di passaggio da un’insostenibile economia lineare verso una più virtuosa economia circolare e questa trasformazione non può non coinvolgere chi si occupa di comunicazione. Se cambia il paradigma economico, è necessario che tutto il mondo della comunicazione si evolva, fino a far nascere la tentazione di coniare la definizione di comunicazione circolare, in grado di trasmettere i valori ambientali, sociali ed economici del prodotto di cui si occupa. È una trasformazione che coinvolge giornalisti, blogger, ma anche e soprattutto, i comunicatori di impresa che non devono essere dei ‘tuttologi’, ma dei protagonisti dei processi, in grado di raccontare le storie personali e professionali di chi accetta la sfida della sostenibilità in tutte le sue componenti ambientali, sociali ed economiche. Chiudo con l’auspicio che fa Lanzi nella prefazione: mi auguro che in futuro non servano più aggettivi per definire la comunicazione perché deve essere chiaro a tutti che “l’ambiente è parte integrante di tutte le attività umane e che da questo non è possibile prescindere”.

Chi è il digital ecobrand manager?

È una figura manageriale che si occupa della comunicazione e del marketing in aziende green o green oriented. Non è una figura che ho inventato io, anche se spesso si parla soltanto di “ecobrand manager”. È un manager che interviene anche durante la fase di preparazione del prodotto o del servizio, indicando all’azienda la via più ecosostenibile da percorrere. Consiglia e studia anche il packaging cercando soluzioni che non abbiano un impatto sull’ambiente. A queste competenze si aggiungono anche quelle tipiche digitali: si sa muovere sulle piattaforme social e sa lavorare su siti internet.

Come nasce l’idea del libro e a chi è rivolto?

L’idea nasce nel marzo del 2018 durante un corso di formazione che si è svolto presso il Centro di giornalismo di Perugia del quale ero il coordinatore didattico. Il corso era stato da me ideato un anno prima ed avevo partecipato a un bando della Regione Umbria che finanziava progetti formativi. Tra quelli selezionati c’era anche questo che prevedeva la formazione di una figura professionale poco conosciuta: il “Digital Ecobrand Manager”. Il corso – rivolto a 12 laureati in economia, scienze politiche e scienze della comunicazione – si è sviluppato in 450 ore di attività di aula alle quali hanno partecipato 35 docenti provenienti da tutta Italia che hanno svolto lezioni su temi fondamentali come l’economia circolare, il diritto ambientale, le certificazioni, ecc. Il gruppo degli allievi ha seguito con grande interesse e partecipazione. Per questo mi è venuta l’idea di mettere nero su bianco quanto da loro appreso durante il corso. Il libro, infatti, è scritto a 22 mani perché dieci dei dodici allievi hanno contribuito scrivendo un capitolo a testa. Naturalmente molti dei contenuti del testo sono frutto delle competenze dei docenti: a loro va il mio personale ringraziamento. Il libro è un manuale che si rivolge a chi vuole occuparsi di comunicazione e marketing ecosostenibile, sia alle aziende che sono interessate a inserire al loro interno una figura professionale come quella descritta nel libro. Può comunque interessare anche un pubblico molto più ampio come, ad esempio, tutte le persone che si interessano di ecosostenibilità, di responsabilità sociale di impresa, di eventi green.

Un consiglio per le aziende green: da dove devono partire per impostare la loro comunicazione?

Sicuramente devono concentrarsi e realizzare un buon prodotto o un buon servizio: non si può comunicare bene se manca l’oggetto. Si può assumere il miglior comunicatore del mondo o ingaggiare l’influencer più seguito del momento, ma se il prodotto non è buono è destinato a non essere acquistato. Nel caso delle aziende green il prodotto o il servizio oltre che buono deve essere anche ecosostenibile. Bisogna stare attenti perché ormai chi acquista è diventato un “consumatore”, un micro influencer di una stretta cerchia di amici e parenti. Non ha un pubblico vasto, ma è capace di influenzarlo moltissimo nelle decisioni di acquisto. Inoltre con la rete l’utente è anche prosumer, cioè crea anche contenuti destinati ad essere condivisi. Una recensione negativa e una critica (soprattutto se fondata) ad un prodotto sbagliato possono diventare contenuti virali ed essere molto negativi per l’azienda. Per questo oggi esistono dei “Risk Manager” e dei “Reputation Manager” in aziende medio-grandi. Se si realizzano prodotti ottimi in ottica green sarà più facile comunicarli e sarà più difficile avere critiche negative da parte dei consumatori.

Cosa non deve mai dimenticare un bravo comunicatore ambientale?

Deve dire sempre la verità. Questo vale per ogni comunicatore in generale, ma in questo campo, credo che sia ancora più importante. L’ambiente è diventato di moda e spesso molte realtà si spacciano per attente alla sostenibilità e dicono di realizzare prodotti green, ma in realtà le cose non stanno proprio così. È il fenomeno del “greenwashing” che deve essere combattuto con le buone pratiche della comunicazione ambientale.

 

di Letizia Palmisano

Lascia un commento