L’acqua intelligente, di Laura Bettini

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di Maurizio Bongioanni

Il settore idrico è stato storicamente – e per sua natura – poco toccato dalle innovazioni.  Ma è possibile rendere efficienti le nostre reti idriche e trasformarle in smart water network:  sensori, smart meters, sistemi di controllo e supervisione da remoto, piattaforme ict sono tutte tecnologie disponibili, che per essere applicate hanno solamente bisogno di una rivoluzione organizzativa e di governance.

Laura Bettini, giornalista di Radio24, ha scritto il libro “L’acqua intelligente”, edito da Edizioni Ambiente, per diffondere la conoscenza di quello che esiste, di quel che si può fare e di quanto di buono è già stato fatto nel nostro Paese. Bettini da qualche anno conduce L’altro pianeta (già “Respiro”), trasmissione radiofonica che si occupa di temi ambientali, sostenibilità e rispetto dell’ambiente e del territorio.

Envi.info gli ha rivolto alcune domande:

Bettini, che cosa si intende con “smart water network”? E a che punto siamo in Italia?

Si intendono le reti idriche che diventano “intelligenti” grazie all’uso di nuove tecnologie che consentono la riduzione delle perdite, il controllo dell’efficienza delle reti, il monitoraggio dei consumi. Gli interventi da fare per ottimizzare il servizio sono diversi ma tutti gli esperti concordano nel dire che il primo e più utile passaggio sarebbe l’installazione dei cosiddetti “contatori intelligenti”, gli smart water meter perché consentono una misurazione affidabile dei consumi e di conseguenza aiutano i gestori a determinare meglio i bilanci fisici di rete, ad avere maggior efficienza di distribuzione e a ridurre gli sprechi sulla rete. Per i consumatori il primo e più evidente vantaggio è la fatturazione basata sul consumo effettivo. In Italia abbiamo vaste e diffuse sperimentazioni sulle reti intelligenti, dal Piemonte alla Puglia. Ma restano confinate in ambiti locali e incontrano molte difficoltà a diffondersi sul territorio nazionale

Cosa manca all’Italia nel settore delle innovazioni tecnologiche nel settore idrico?

Possiamo dire che manca un indirizzo nazionale che chiarisca l’obiettivo a cui tutti i gestori devono puntare. La conoscenza e le tecnologie per modernizzare questo settore ci sono, ai nostri giorni  non si tratta di fare un salto nel buio “giocando” con un bene pubblico ma di consentire l’innovazione a chi la vuole fare e spronare gli altri a seguire la stessa via. Clamoroso (e ingegnoso) il caso del Gruppo Cap che nel bando di gara per un progetto di smart metering a Magenta ha richiesto un sistema che integra contatori di case costruttrici differenti ed eventualmente anche con lunghezze di trasmissione diverse perché ad oggi né l’Unione Europea né l’AEEGSI (autorità per l’energia elettrica, il gas e i servizi idrici) hanno definito gli standard per la strumentazione dei  sistemi di trasmissione dati. Senza questa accortezza se un giorno gli standard saranno definiti il Gruppo avrebbe rischiato di trovarsi in difficoltà per aver fatto investito tempo e denaro nell’innovazione.

Il riconoscimento dell’acqua come bene pubblico potrebbe aiutare in questo senso?

Quello della tariffa è un punto che suscita sempre molto scandalo ma che va affrontato.  Sono convinta che l’acqua sia un bene comune e un diritto umano ma che anche per questo vada “apprezzata” cioè le sia associato un prezzo corretto che non “autorizzi” lo spreco o l’abuso (né negli usi civili né in agricoltura e industria). I milanesi che la pagano meno di un euro al metro cubo probabilmente non se ne rendono nemmeno conto. I toscani che pagano tra le tariffe più care d’Italia invece sì e non beneficiano nemmeno di reti intelligenti o di trattamenti di acque reflue da Nobel.

Come poter “livellare” il servizio idrico in Italia, affinché ci siano sempre meno disparità tra territori diversi?

I costi di gestione dei servizi idrici sono diversissimi a seconda delle aree geografiche e della conformazione del territorio. A riequilibrare le cose servirebbe l’intervento della fiscalità generale. A questo proposito è inaccettabile che le acque reflue non vengano ancora trattate e lo è ancor di più dove le tariffe per il servizio idrico sono aumentate vertiginosamente. Parliamo di una media di 4 italiani su 10, con punte di 6 su 10 in Sicilia. In Germania, Danimarca, Olanda, Francia più del 50% della tariffa viene utilizzata per investimenti sulla rete e sui depuratori. In Italia è solo il 15-20%. Quando ci chiedono di “allinearci alla media Ue” sui prezzi, ricordiamoci di pretendere anche questo genere di allineamento!

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