Dimmi che tonno mangi e ti dirò quanto sei ecosostenibile

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di Annalisa Audino

Per chi ha fatto l’università e ha convissuto con altri studenti, facendo i salti mortali per arrivare alla fine del mese con soldi e cibo, sa che può essere un fondamentale ed economico condimento per la pasta. Per chi vive solo è un compagno di cene in solitario e per chi è a dieta un ottimo ingrediente per l’insalata. Di chi stiamo parlando? Del tonno naturalmente.

Il tonno in scatola è la conserva ittica più venduta sul mercato mondiale e le campagne pubblicitarie cercano di far apparire la sua pesca come una pittoresca industria artigianale. In realtà le flotte che pescano il tonno sono tra le più industrializzate al mondo e sono responsabili di gravi impatti sugli oceani: oltre a minacciare la disponibilità di risorse della specie, mette in pericolo l’intero ecosistema marino poiché solitamente viene pescato con metodi che causano ogni anno la morte di migliaia di squali e tartarughe marine, tra cui specie minacciate d’estinzione. E infine, a soffrirne non è solo l’ambiente, ma anche le popolazioni costiere: i mari vengono depredati dalle flotte straniere a fronte di minimi guadagni ed un altissimo tasso di pesca illegale.

E lo sapevate che l’Italia è uno dei più importanti mercati europei per il tonno in scatola, con un consumo annuo che supera le 140.000 tonnellate, e il secondo più grande produttore in Europa, con una produzione che nel 2006 arrivava a 85.000 tonnellate di scatolette per un fatturato di circa 500 milioni di euro?

Proprio perché le informazioni sono poco conosciute, attraverso un’apposita campagna di comunicazione, Greenpeace ha deciso di diffondere i dati su questo tipo di pesca: non certo per fermarla (cosa ovviamente impossibile), ma per diffondere l’informazione su questo tipo di commercio e di pesca, per spingere le imprese verso una maggiore sostenibilità e per orientare i consumatori ad acquisti più responsabili. Elaborando un’interessante indagine sulla sostenibilità delle scatolette di tonno vendute nel nostro Paese, il gruppo ha inviato un questionario a punti a ben 14 aziende che coprono più dell’80% del mercato nazionale. I criteri di valutazione si sono basati su tracciabilità, politica d’acquisto, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale, modalità per promuovere un tonno sostenibile e equo, etichettatura e monitoraggio della propria politica.

Il report definitivo e la “classifica rompiscatole” si basa quindi sui risultati dell’indagine ed è molto interessante. Ultimo in classifica è il tonno MareAperto della STAR, uno dei marchi più comuni del tonno in scatola in Italia. L’azienda non ha fornito informazioni precise rispetto all’origine del tonno presente nei propri prodotti e, nonostante sia per fatturato una delle aziende leader del settore, STAR dimostra ancora troppa poca trasparenza nei confronti dei consumatori. Tra gli ultimi posti si distingue anche il tonno Nostromo, il più venduto in Italia dopo Riomare, con una quota di mercato pari circa al 10%. Il marchio ha dimostrato ben poca trasparenza nei confronti dei consumatori: ha risposto al questionario di Greenpeace con notevole ritardo, fornendo informazioni poco dettagliate e non rispondendo alle richieste di chiarimenti. Nonostante Nostromo faccia parte del Gruppo Calvo, compagnia conserviera spagnola tra le più grandi al mondo, non utilizza alcun criterio di sostenibilità nella scelta della propria materia prima. Il primo della classe è invece As Do Mar: l’azienda che lo produce – Generale Conserve – ha adottato e messo in pratica precisi criteri di sostenibilità in parte della sua produzione. Riconoscendo l’impatto che la pesca ha sull’ambiente marino, ha trasformato il proprio impegno a utilizzare metodi di pesca selettivi in azioni concrete: circa la metà del tonno a marchio As Do Mar è tonnetto striato pescato con metodi sostenibili. Secondo posto per il tonno a marchio Coop e terzo per quello Mare Blu.

La prima versione della classifica è però stata stilata a gennaio 2010. Da allora alcune aziende cominciano a muoversi nella giusta direzione. Il tonno Callipo è passato nella zona arancio, definita Ci siamo quasi, perché ha sviluppato una politica per l’approvvigionamento sostenibile. Anche Esselunga inizia ad adottare dei criteri per cercare di diminuire l’impatto che la pesca al tonno ha sull’ambiente, salendo di alcune posizioni, seguita da Castiglione. Consorcio si apre al dialogo, lasciando il fondo della classifica. Passi avanti anche tra i più grandi! Bolton, che con il marchio Riomare copre più del 30% del mercato, si è impegnata formalmente a predisporre prima della fine dell’anno una politica di sostenibilità.

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di Annalisa Audino

Per chi ha fatto l’università e ha convissuto con altri studenti, facendo i salti mortali per arrivare alla fine del mese con soldi e cibo, sa che può essere un fondamentale ed economico condimento per la pasta. Per chi vive solo è un compagno di cene in solitario e per chi è a dieta un ottimo ingrediente per l’insalata. Di chi stiamo parlando? Del tonno naturalmente.

Il tonno in scatola è la conserva ittica più venduta sul mercato mondiale e le campagne pubblicitarie cercano di far apparire la sua pesca come una pittoresca industria artigianale. In realtà le flotte che pescano il tonno sono tra le più industrializzate al mondo e sono responsabili di gravi impatti sugli oceani: oltre a minacciare la disponibilità di risorse della specie, mette in pericolo l’intero ecosistema marino poiché solitamente viene pescato con metodi che causano ogni anno la morte di migliaia di squali e tartarughe marine, tra cui specie minacciate d’estinzione. E infine, a soffrirne non è solo l’ambiente, ma anche le popolazioni costiere: i mari vengono depredati dalle flotte straniere a fronte di minimi guadagni ed un altissimo tasso di pesca illegale.

E lo sapevate che l’Italia è uno dei più importanti mercati europei per il tonno in scatola, con un consumo annuo che supera le 140.000 tonnellate, e il secondo più grande produttore in Europa, con una produzione che nel 2006 arrivava a 85.000 tonnellate di scatolette per un fatturato di circa 500 milioni di euro?

Proprio perché le informazioni sono poco conosciute, attraverso un’apposita campagna di comunicazione, Greenpeace ha deciso di diffondere i dati su questo tipo di pesca: non certo per fermarla (cosa ovviamente impossibile), ma per diffondere l’informazione su questo tipo di commercio e di pesca, per spingere le imprese verso una maggiore sostenibilità e per orientare i consumatori ad acquisti più responsabili. Elaborando un’interessante indagine sulla sostenibilità delle scatolette di tonno vendute nel nostro Paese, il gruppo ha inviato un questionario a punti a ben 14 aziende che coprono più dell’80% del mercato nazionale. I criteri di valutazione si sono basati su tracciabilità, politica d’acquisto, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale, modalità per promuovere un tonno sostenibile e equo, etichettatura e monitoraggio della propria politica.

Il report definitivo e la “classifica rompiscatole” si basa quindi sui risultati dell’indagine ed è molto interessante. Ultimo in classifica è il tonno MareAperto della STAR, uno dei marchi più comuni del tonno in scatola in Italia. L’azienda non ha fornito informazioni precise rispetto all’origine del tonno presente nei propri prodotti e, nonostante sia per fatturato una delle aziende leader del settore, STAR dimostra ancora troppa poca trasparenza nei confronti dei consumatori. Tra gli ultimi posti si distingue anche il tonno Nostromo, il più venduto in Italia dopo Riomare, con una quota di mercato pari circa al 10%. Il marchio ha dimostrato ben poca trasparenza nei confronti dei consumatori: ha risposto al questionario di Greenpeace con notevole ritardo, fornendo informazioni poco dettagliate e non rispondendo alle richieste di chiarimenti. Nonostante Nostromo faccia parte del Gruppo Calvo, compagnia conserviera spagnola tra le più grandi al mondo, non utilizza alcun criterio di sostenibilità nella scelta della propria materia prima. Il primo della classe è invece As Do Mar: l’azienda che lo produce – Generale Conserve – ha adottato e messo in pratica precisi criteri di sostenibilità in parte della sua produzione. Riconoscendo l’impatto che la pesca ha sull’ambiente marino, ha trasformato il proprio impegno a utilizzare metodi di pesca selettivi in azioni concrete: circa la metà del tonno a marchio As Do Mar è tonnetto striato pescato con metodi sostenibili. Secondo posto per il tonno a marchio Coop e terzo per quello Mare Blu.

La prima versione della classifica è però stata stilata a gennaio 2010. Da allora alcune aziende cominciano a muoversi nella giusta direzione. Il tonno Callipo è passato nella zona arancio, definita Ci siamo quasi, perché ha sviluppato una politica per l’approvvigionamento sostenibile. Anche Esselunga inizia ad adottare dei criteri per cercare di diminuire l’impatto che la pesca al tonno ha sull’ambiente, salendo di alcune posizioni, seguita da Castiglione. Consorcio si apre al dialogo, lasciando il fondo della classifica. Passi avanti anche tra i più grandi! Bolton, che con il marchio Riomare copre più del 30% del mercato, si è impegnata formalmente a predisporre prima della fine dell’anno una politica di sostenibilità.

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